Unioncamere: nel 2010 le imprese aumentano di 72.530 unità

Una indagine di Unioncamere rivela che nel 2010 il bilancio anagrafico tra le aziende nate e quelle che hanno cessato l’attività mostra un incremento di 72.530 unità, cioè un aumento dell’1,2% rispetto all’anno precedente: si tratta del saldo migliore dal 2006, un dato da collegare alle 410.736 nuove iscrizioni.

“Tra gli italiani c’è voglia di fare, c’è voglia di scommettere su sé stessi” – ha commentato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – “per realizzare quel benessere che è stato così duramente minacciato dalla crisi“.

L’Italia su queste forze deve “contare per rilanciarsi” e pertanto le imprese “chiedono alla politica risposte concrete per sostenere e facilitare le loro attività, rimuovendo gli ostacoli burocratici che ancora le imbrigliano, riformando la giustizia civile, rilanciando l’ammodernamento delle infrastrutture e della pubblica amministrazione, investendo sulla formazione“.  E a tal proposito – rimarca Dardanello – ridurre la pressione fiscale “è indispensabile, è il problema dei problemi”.

Tuttavia Unioncamere precisa anche che l’artigianato manifesta “difficoltà più marcate della media delle imprese”, dovute al peso “che la crisi ha avuto su settori-chiave dell’artigianato, quali le costruzioni e l’industria manifatturiera”. Inoltre il comparto turistico è aumentato di 13.029 unità (+3,5%), mentre invece il settore manifatturiero conta su 2.061 unità in meno.

Unioncamere ha puntualizzato che la crescita del 2010 “si è localizzata in modo più accentuato nel Centro e nel Sud” e che la circoscrizione del Sud e delle Isole è stata – con 24.848 unità in più – quella “che ha dato il maggior contributo al saldo positivo delle imprese“.

Infine risulta che sono i 31-40enni a rappresentare “la quota più consistente (41,3%) dei fondatori di una vera nuova impresa”, anche se “non tutti sono imprenditori per scelta”: è infatti stato il bisogno di “trovare uno sbocco lavorativo, magari anche per le difficoltà incontrate nel cercare un lavoro dipendente” a influenzare “la decisione del 24,7% dei nuovi imprenditori”.

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