Efficienza e rinnovabili di fronte alla crisi

Limitazioni nel credito e bassi prezzi dell’energia rischiano di rallentare i progetti di rinnovabili ed efficienza energetica. Le misure “cleantech” di molti paesi potranno invertire la rotta, ma basteranno per una nuova economia low carbon? Un articolo di Gianni Silvestrini.

Quali saranno le conseguenze per i comparti dell’efficienza energetica e delle rinnovabili nell’attuale contesto di crisi economico-finanziaria e di bassi prezzi dei combustibili fossili?
Intanto, definiamo gli orizzonti temporali. La crisi non sarà breve, ma non è possibile sapere se durerà un anno, due o più. Il prezzo dell’energia, inoltre, è strettamente correlato alla situazione economica. Secondo il direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), Nobuo Tanaka, non appena la ripresa si sarà avviata i prezzi schizzeranno alle stelle a causa della difficoltà dell’offerta di soddisfare la domanda.

Possiamo quindi dire che siamo in presenza di due componenti negative. Le difficoltà del mondo finanziario rendono più difficile il credito, con un rallentamento e in alcuni casi l’annullamento di progetti eolici, fotovoltaici, a biomasse, ecc.
I bassi prezzi dell’energia comportano, inoltre, un calo d’attenzione generale da parte degli utilizzatori e una minore convenienza delle soluzioni alternative, particolarmente nel campo dell’efficienza energetica. Per la produzione elettrica da fonti rinnovabili questo secondo fattore è decisamente meno importante perché prevale il valore economico del meccanismo di incentivazione.
Sembrerebbe, dunque, che rinnovabili ed efficienza siano destinate a pagare pesantemente l’attuale congiuntura economica. E in effetti i primi mesi del 2009 hanno visto migliaia di licenziamenti nelle imprese del settore dagli Stati Uniti alla Cina.

In realtà, le cose possono cambiare decisamente grazie a precise decisioni politiche. Prendiamo il caso degli stessi Stati Uniti. E’ noto che Obama ha puntato con forza su questi settori come componenti essenziali di un rilancio economico. In campagna elettorale ha lanciato l’idea di investire 150 miliardi di dollari in un decennio per avviare la decarbonizzazione dell’economia e creare 5 milioni di posti di lavoro. Molti si sono chiesti se la congiuntura negativa avrebbe alterato le priorità del nuovo presidente. Non sembra essere così, almeno per ora. Appena eletto, Obama ha infatti chiarito i suoi obbiettivi più immediati: triplicare in un triennio la quota di elettricità verde, riqualificare energeticamente il 75% degli edifici del governo e due milioni di case. Nel pacchetto di stimolo dell’economia approvato a febbraio, 58 dei 787 miliardi di dollari serviranno per rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile. Questa misura ha ricevuto un grande apprezzamento da parte delle imprese del settore e delle associazioni che si battono per cambiare il modello energetico imperante. Secondo il World Resources Institute, ogni miliardo di dollari speso in questi comparti consente di creare 30.000 nuovi posti di lavoro e di risparmiare annualmente 450 milioni di dollari all’economia Usa.

Altri paesi, dall’Australia al Giappone, dalla Gran Bretagna alla Francia, hanno qualificato ambientalmente il proprio pacchetto di aiuti. La Cina ha poi destinato il 10% delle risorse assegnate per fronteggiare la crisi a progetti ambientali.
Gli investimenti “cleantech” hanno fatto dunque la loro comparsa nelle misure approntate da molti governi. La domanda però è questa: bastano le risorse previste nei pacchetti anticrisi per ridare slancio alle economie e attrezzarle per la crescita “low carbon” dei prossimi decenni?
Le attuali misure sono ancora troppo deboli secondo lord Stern, l’ex “chief economist” della Banca Mondiale autore del celebre rapporto del 2006 che metteva in guardia dai danni economici catastrofici che sarebbero potuti derivare dal riscaldamento del pianeta. Secondo Stern, occorrerebbe iniettare a livello globale almeno 400 miliardi di dollari per rivitalizzare e trasformare le economie. La quota delle misure “verdi” dovrebbe cioè alzarsi al 20% del totale dei finanziamenti previsti dai vari governi. Solo in questo modo si porrebbero le basi per una forte e sostenibile crescita, evitando di gettare soldi in pozzi senza fondo.

Tornando quindi al destino delle rinnovabili e dell’efficienza in questa fase di turbolenza, si può dire che esso è legato alla lucidità e lungimiranza di governi e istituzioni finanziarie internazionali. I segnali che vengono da alcuni paesi, ad iniziare dagli Usa, sembrano indicare che si intenda puntare molto su questi settori per ridare fiato all’economia.
L’attuale situazione di difficoltà rappresenta, dunque, una straordinaria occasione per rimettere in discussione modelli non sostenibili, dall’uso e produzione dell’energia, ai trasporti, all’edilizia, ai processi produttivi, all’agricoltura. Lungi dall’assumere una posizione difensiva, occorre spingere l’acceleratore del cambiamento, inventando strade innovative. La debolezza di alcuni settori dominanti favorisce un cambiamento significativo delle strategie.

Gianni Silvestrini
Direttore scientifico del Kyoto Clubù

Fonte: Qualenergia.it

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