Anche in Italia i tempi stanno cambiando e sempre più sono le donne che, al pari degli uomini, dedicano la propria vita alla carriera lavorativa. Tuttavia, nonostante il trend positivo degli ultimi anni, il Bel Paese ha ancora un tasso di lavoro femminile molto inferiore alla media europea, il 46% contro il 58% dei Paesi vicini.
Da noi una donna su quattro lascia il suo posto di lavoro per dedicarsi completamente alla famiglia subito dopo l’arrivo del primo figlio, allora proprio per “favorire il rientro nel mondo del lavoro al termine del congedo di maternità” il governo ha previsto dal 2013 l’erogazione di un bonus per baby sitter e asilo nido di 300 euro, mensilità che aiuterà neo-mamme e neo-papà per un massimo di sei mesi nell’arco del primo anno di vita del bebè.
Il progetto era contenuto già nella Riforma del lavoro approvata questa estate, ma per renderlo effettivo il ministro del Welfare Elsa Fornero ha dovuto stilare un regolamento di dieci articoli, depositato all’ufficio legislativo del ministero dell’Economia solo pochi giorni fa.
Provvedimenti simili erano stati già presi in passato, ma in questo caso la situazione è diversa dal momento che non si tratta di un versamento una tantum, ovvero quei trecento euro non andranno direttamente a integrare lo stipendio della donna bensì saranno versati direttamente dallo Stato per pagare il canone dell’asilo nido, mentre nel caso in cui servano per ingaggiare una baby sitter saranno erogati sotto forma di voucher, i buoni per i lavori occasionali.
Nonostante le buone intenzioni del governo, è già scoppiata la polemica a causa dell’esiguo investimento dedicato a questo progetto, appena 20 milioni di euro all’anno per tre anni. Questo vuol dire che avranno diritto al beneficio appena undici mila madri lavoratrici contro il mezzo milione di bambini che solo l’anno scorso sono nati in Italia. Presto verrà annunciato il giorno in cui si potrà effettuare la richiesta del bonus online, chi nell’arco di quelle ventiquattro ore avrà regolarmente inserito i propri dati e risulterà avere uno dei redditi Isee più bassi sarà beneficiaria del contributo.
Ciononostante agli aventi diritto saranno imposti dei paletti, in questi casi le mamme dovranno rinunciare al congedo facoltativo successivo alla maternità obbligatoria, ovvero a quei sei mesi di aspettativa con stipendio al 30% ottenibili fino ai tre anni del bambino. I padri potranno invece ottenere tre giorni di permesso pagati al 100%, ma mentre il primo sarà obbligatorio, i restanti due saranno facoltativi e comporteranno la rinuncia da parte della neo-mamma a due giorni di maternità obbligatoria, in modo tale da non avere costi aggiuntivi per lo Stato.