Il governo di Enrico Letta ha già ottenuto il primo voto di fiducia alla Camera dei Deputati, dove è stato promosso con 453 sì, 153 no e 17 astenuti. Un esito scontato, anche se alla fine i favorevoli sono stati 17 in più del previsto. Adesso, la parola spetta al Senato, dove comunque l’esecutivo può lo stesso dormire sonni tranquilli. Ma non è stato solo un discorso rituale quello del premier, che ieri ha palesato la voglia di metter mano a una politica di sviluppo e non più recessiva. E il centro-destra di Silvio Berlusconi segna il suo primo punto a favore e si tratta di un risultato molto pesante, specie in ottica di consenso tra gli elettori: il governo ha già annunciato lo stop al pagamento dell’IMU a giugno, così come si è impegnato a non aumentare ancora una volta l’aliquota IVA più alta dall’attuale 21% al 22%. “Musica per le mie orecchie”, ha commentato il neo-ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che dentro all’esecutivo rappresenta le istanze del PDL.
Promessi dal premier anche tagli ai rimborsi ai partiti, provvedimento inviso al PD, il quale ieri, pur non commentando negativamente, ha incassato anche il duro colpo sull’IMU, dato che i democratici continuano ad essere favorevoli al mantenimento della tassazione sugli immobili e vedono così avvantaggiare elettoralmente l’avversario.
Sempre ieri, poi, Berlusconi si è auto-candidato alla guida di una convenzione bicamerale per le riforme istituzionali, quale riconoscimento per il suo ruolo-chiave per la nascita di questo governo. Non ci sono state dichiarazioni di alcun tipo nel PD, ma Fratelli d’Italia e la Lega Nord avrebbero esternato il loro appoggio all’ipotesi. Il leader del centro-destra, infatti, vuole impegnare seriamente la larga maggioranza sulle riforme, perché se non si dovessero iniziare a fare entro i prossimi mesi, la tenuta del governo sarebbe seriamente a rischio. D’altronde, lo stesso Letta ha avvertito che o si fanno in 18 mesi o lui lascia.