Da PD e PDL si levano forti critiche alla manovra con cui Telefonica ha di fatto rilevato il controllo di Telecom, attraverso il riassetto in Telco. La compagnia spagnola acquisirà il 65% della holding che oggi controlla l’ex monopolista al 22,4%, avvalendosi della facoltà di salire al 70% senza diritti di voto, ma anche di acquisire il 100% delle azioni Telco dal gennaio del 2014. Di fatto, gli spagnoli, che già oggi sono l’azionista di riferimento in Telecom, diverranno socio di controllo. E preoccupa il mondo politico il passaggio di proprietà verso la Spagna, con un operatore straniero che ora sarà a capo della rete, ossia un asset strategico nazionale.
Interrogazioni al governo sono state presentate sia dal PD che dal PDL-Forza Italia. Matteo Colaninno (PD) ritiene che l’operazione porti alla perdita del controllo italiano di una delle poche realtà industriali ancora nazionali. E Maurizio Gasparri (PDL) sostiene che diventa ora più centrale il tema dello scorporo della rete, ricordando che gli spagnoli finora non hanno svolto un ruolo propulsivo per la compagnia italiana.
Uscendo dalla sede del New York Times, il premier Enrico Letta si è detto vigile sugli effetti occupazionali di tale operazione, ma ha ricordato a tutti che si tratta di una società privata e visto che Telecom non sarebbe l’esempio delle migliori privatizzazioni effettuate nel nostro paese, l’operazione potrebbe portare quei capitali e un modello di gestione migliore di quanto sinora è accaduto dentro la compagnia in questi 15 anni.
Il presidente Telecom, Franco Bernabè, cerca di gettare acqua sul fuoco, ribadendo che il passaggio di controllo è avvenuto in seno a Telco e non in Telecom, che resta italiana. Telefonica ha valutato le azioni a 1,09 euro, quasi il doppio dei 59-60 centesimi a cui il titolo è quotato a Piazza Affari in queste sedute.