Fallita anche l’ultima mediazione di giovedì notte tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano per ricercare una soluzione comune sul dopo decadenza. Il Cavaliere è stato esplicito: non si può stare al governo con chi mi uccide. Si racconta di un faccia a faccia molto teso e dai toni duri tra i due, con l’ex premier che ha avvertito il suo ex delfino che decaduto o meno, Forza Italia darà vita a un Vietnam al Senato, perché anche qualora il governo Letta si reggesse ancora sui numeri dei cosiddetti “alfaniani” o “innovatori”, non ci sarebbe più la maggioranza in tutte le commissioni e non potrebbe assicurare il sostegno certo al governo in tutte le votazioni in Aula.
Insomma, Berlusconi non è affatto deciso ad arrendersi e ha dalla sua anche lo strumento del Consiglio Nazionale, convocato per il 16 novembre e non più all’8 dicembre. In quella sede, sarà messo ai voti il documento di sostegno a Berlusconi e che prevede il ritiro dell’appoggio al governo per il caso in cui fosse votata la decadenza il prossimo 27 novembre. Su 863 aventi diritto, l’ex premier avrebbe in suo favore già il sostegno di 645 firme, mentre gli alfaniani di soli 130. Il resto sarebbero gli indecisi. Ma Alfano ribatte che i conti gli darebbero 320 voti, oltre agli indecisi.
Intanto, Marcello Dell’Utri ha fatto sapere che tutti i figli di Berlusconi avrebbero presentato domanda di grazia al presidente Giorgio Napolitano.
Lo scenario si aggroviglia, man mano che ci si avvicina alla data del 27. Una cosa sembra certa: dal 28 di novembre, la politica italiana potrebbe non essere la stessa, ma per il governo Letta non ci sarebbe un lungo futuro.