Dopo anni di attesa arriverà anche nel nostro Paese la tanto sospirata class action, valida però, almeno per il momento, solo per la Pubblica Amministrazione. Otto articoli introducono l’azione collettiva nei confronti delle amministrazioni pubbliche a partire dal primo gennaio 2010. Le nuove norme però, fanno sapere dal Governo, non prevedono che il ricorso dia diritto a ottenere “il risarcimento del danno”. Nel complesso infatti dalle misure “non derivano – si legge nel testo – nuovi o maggiori oneri a carica della finanza pubblica”.
Questi in breve i cardini della riforma annunciati dal Ministro della funzione pubblica Brunetta:
Class action contro chi?
L’azione collettiva potrà essere esercitata contro le pubbliche amministrazioni eccezion fatta per Authority, presidenza del Consiglio e organi costituzionali come si legge nel testo del decreto: “Al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite dal presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche”. Fatte salve le Authority, la presidenza del Consiglio e gli organi costituzionali.
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“Del ricorso – si legge nel testo – è data notizia sul sito istituzionale del ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, nonché sul sito istituzionale dell’amministrazione o del concessionario intimati”.
Azione collettiva ma non risarcitoria
Inutile sperare in un risarcimento danni come potrebbe avvenire per le azioni legali intraprese contro aziende private.
“Il ricorso non consente di ottenere il risarcimento del danno cagionato. A tal fine, restano fermi i rimedi ordinari”.
L’iter
Per avviare il ricorso si dovrà prima procedere ad una diffida all’amministrazione o al concessionario da effettuare entro 90 giorni gli “interventi utili alla soddisfazione degli interessi”. Scaduto il termine, si può avviare il ricorso che “può essere proposto entro un anno dalla scadenza” del termine dei 90 giorni.
Sanzioni
Sebbene non siano previsti risarcimenti le PA interessate, una volta accertata da parte del giudice la violazione, dovranno porre rimedio all’inefficienza entro un congruo termine, nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria.
Entrata in vigore
Le norme entrano in vigore a partire dal primo gennaio 2010. Le prime a essere coinvolte saranno “le amministrazioni e gli enti pubblici non economici nazionali”. Seguiranno le amministrazioni e gli enti pubblici non economici regionali e locali (primo aprile 2010). I concessionari di servizi pubblici avranno invece 6 mesi in più: per loro la class action parte il primo luglio. Infine le amministrazioni, gli enti pubblici non economici e i concessionari di servizi pubblici sopra citati, che svolgono funzioni o erogano servizi in materia di tutela della salute o in materia di rapporti tributari, saranno coinvolti solo a partire dal primo ottobre.
Fonte: Soldiblog.it
BRUNETTA BLUFF
Dopo lo svuotamento e la vanificazione della class action nel settore privato, eccoci di fronte all’introduzione di una class action beffa nel settore pubblico, poiché a fronte del tempo e soprattutto del denaro spesi per un’azione legale, non dà ai cittadini diritto al risarcimento del danno.
Un meccanismo vuoto a costo zero, uno strumento di giustizia (si fa per dire) privo di deterrenza che, oltretutto, comportando tempi lunghi, procedure tutt’altro che snelle e dispendio di danaro, non contribuisce minimamente a riequilibrare, laddove necessario, la debolezza del cittadino utente rispetto alla Pubblica Amministrazione
Si tratta, quindi, di un’azione collettiva fiction poiché per esser degna del suo nome non dovrebbe escludere l’aspetto risarcitorio, sul quale, al fine di consentire ai cittadini di intervenire in maniera incisiva, sono – invece – incentrati tutti gli altri modelli di questo istituto.
Invece di una class action quella del Brunetta è fumo senza arrosto, apparenza camuffata da sostanza; insomma, alla faccia della tanto strillata trasparenza, un vero e proprio inganno nel solco della migliore tradizione italiana.
Ma consoliamoci perché, assicura il ministro sedicente riformatore, la class action casalinga consentirà di realizzare “il sollecito ripristino dell’efficienza del servizio”, nonché “il rafforzamento della valutazione e della responsabilità dei singoli operatori pubblici”.
Chissà dopo la class action quale altra espressione anglofona ha in mente di riservarci nel prossimo futuro questo piccolo illusionista piccolo per annunciarci un’altra sua buona novella da dare in pasto al popolo plaudente delle partite iva, continuando impunemente a far pagare a tutti il torto che egli ha subito venendo al mondo.
Alferazzi Giambattista