Di sicuro la crisi non è mancata anche nelle zone periferiche delle citta anche se con effetti diversi ed alle volte originali rispetto alle grandi città.
I prezzi di vendita sono scesi di almeno il 15% rispetto ai prezzi di un anno fa, le modalità di pagamento si sono adeguate a quanto richiesto dalle banche per erogare mutui che vogliono almeno un 20% di acconto, versato dai compratori ed un massimo dell’80% di finanziato.
E’ finita quindi la tendenza di farsi prestare il 100% del prezzo richiesto oltre alle spese di intestazione del bene.
Di ciò sono penalizzati tutti quelli che non possedendo nemmeno un euro si affidavano per l’acquisto al mutuo, confidando sul solo reddito da lavoro. Un piccolo sbalzo del sistema ed ecco la crisi dei mutui e delle famiglie soprattutto per chi si è affidato al tasso variabile.
Un interessante novita è che le case vengono in larga parte offerte arredate. Con cucina, soggiorno, camere da letto e arredo bagno esclusi gli elettrodomestici come televisioni e lavatrici. Anche questo fenomeno è frutto della crisi e del tentativo di ridurre al minimo “lo sconto” che bisogna fare per vendere l’immobile in tempi ragionevoli. Nelle locazioni invece l’offerta dell’appartamento arredato è ormai consolidata da anni ma nelle vendite è quasi una novità.
Il ricorso al “fai da te” nella vendita è diminuito notevolmente portando il dato generale a 3 vendite su 4 sono assistite da un mediatore professionale. Sì anche perché non si devono fare errori. Prevedere l’acquisto di una casa non sapendo con precisione a quali spese si va incontro è come indebitarsi senza saperlo. La prima casa la si intesta ad una imposta di registro del 3% e ad un IVA del 4% (se si acquista da impresa), mentre la seconda casa al 10% del prezzo.
Per non parlare dei rustici che se sono in zona agricola e con un appezzamento di terreno di pertinenza l’ imposta è del 10% e per il solo terreno agricolo del 18% (salvo essere coltivatori diretti o tra le categorie agevolate) con tutte le conseguenze sull’aumento dei costi per imposte ai quali vanno aggiunte le competenze del notaio, dell’agenzia e degli uffici come Catasto e Conservatoria immobiliare.
Le imposte che gravano sugli acquisti immobiliari sono: IVA nel caso in cui il venditore sia un’impresa costruttrice o un’impresa che ha come principale oggetto la compravendita di immobili, l’aliquota a carico dell’acquirente è del 4%, per la prima casa, del 10% per le altre abitazioni non di lusso e del 20% per quelle di lusso. Per gli immobili di interesse storico, artistico o archeologico l’aliquota è del 3%. Per il calcolo dell’Iva si deve applicare l’aliquota prevista alla base imponibile, cioè il valore dell’immobile dichiarato nell’atto di compravendita.
Se invece si acquista la casa da un privato o da un’impresa che non ha compravendita di immobili tra le sue finalità principali, l’acquirente deve pagare l’imposta di registro. Per la prima casa l’aliquota è del 3%, per le altre abitazioni è del 7%. Per gli immobili di interesse storico, artistico o archeologico, l’aliquota è del 3%. Il legislatore ha stabilito che l’imposta di registro, nella compravendita tra privati di un immobile ad uso abitativo e suo pertinenze, sia calcolata in base al valore catastale e non più in base al prezzo dichiarato nel rogito, a condizione che le parti lo richiedano espressamente nel rogito.
Questa imposta colpisce trascrizione, iscrizione, rinnovazione, cancellazione e annotazione nei pubblici Registri immobiliari. Oltre che per chi acquista una casa o altri diritti reali di godimento su beni immobili (cioè di usufrutto, di servitù, di superficie, di uso e di abitazione), questa tassa interessa anche le successioni (cioè eredità), le donazioni e le ipoteche. L’imposta si paga all’Agenzia del Territorio dei Pubblici registri immobiliari nella cui circoscrizione si trovano gli immobili. Al pagamento normalmente provvede il notaio. Se chi vende è un’impresa immobiliare o l’impresa che ha costruito l’immobile, oppure un’impresa che ha ristrutturato un immobile che già esisteva, chi compra paga l’imposta ipotecaria nella misura fissa di 168 euro. Questa somma è da pagare anche se chi compra ha diritto alle agevolazioni per la prima casa. Negli altri casi, la base su cui si calcola l’imposta è la stessa che si utilizza per il calcolo dell’imposta di registro: nei casi principali, quelli in cui non è dovuta l’Iva, l’aliquota da pagare è del 2%.
Questa imposta comporta la registrazione al Catasto dei trasferimenti immobiliari eseguiti per operazioni uguali a quelle previste per l’imposta ipotecaria e si paga all’Ufficio del Catasto. La somma da pagare cambia anche in questo caso a seconda che si compri da un privato o da un’impresa: se chi vende è l’impresa che ha costruito l’immobile, oppure un’impresa immobiliare o un’impresa che ha ristrutturato un immobile che già esisteva, allora l’imposta è di 168 euro. Se invece si compra da un’impresa di tipo diverso da un privato, allora l’imposta si paga in modo proporzionale. In ogni caso, se chi compra ha diritto alle agevolazioni per la prima casa sia che compri da un privato o da una impresa diversa dai tre tipi già indicati, paga l’imposta ipotecaria nella misura fissa di 168 euro.
Fonte: Attico.it