Il Governatore della Banca d’Italia al meeting di Comunicazione e Liberazione a Rimini: «Nel prossimo anno l’economia dovrebbe tornare a crescere». Non poche aziende, a causa del crollo della domanda, «potrebbero non sopravvivere». «Necessarie riforme strutturali nel Paese» e urge il «ripristino della piena fuzionalità del sistema creditizio».
«L’Italia sta uscendo dalla crisi e dal prossimo anno l’economia dovrebbe, seppur di poco, tornare a crescere». Lo afferma il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, intervenendo al meeting di Rimini. «L’impatto più duro della crisi si sta attenuando», sottolinea Draghi «in estate la produzione industriale dovrebbe aver cessato di cadere, il clima di fiducia delle imprese e dei consumatori ha dato segni di risveglio, la domanda di autoveicoli si è ravvivata». «Nella media del 2009 – aggiunge il Governatore – la caduta del Pil rispetto all’anno precedente risulterà in Italia intorno al 5%, nel prossimo anno, il graduale recupero della domanda mondiale previsto dalle maggiori organizzazioni internazionali potrebbe consentire all’economia italiana di tornare a crescere, sia pure di poco».
La velocità di uscita dalla crisi dipende, comunque, «dal ripristino della piena funzionalità del mercato creditizio». Adesso, aggiunge il Governatore di Bankitalia, le banche italiane «devono affinare la loro capacità di selezionare il merito creditizio». «Le nostre banche – osserva Draghi – disponevano di solidi argini contro le conseguenze più distruttive della crisi: nella loro buona situazione patrimoniale, nella centralità del rapporto con i depositanti». Tuttavia i mesi che ci attendono, sottolinea il numero uno di via Nazionale «sono mesi cruciali, in cui si decide la sorte di molte aziende produttive. La stabilità degli intermediari finanziari deve potersi coniugare con il lungimirante sostegno a quelle aziende produttive che, pur illiquide, siano fondamentalmente solide».
Molte aziende, purtroppo, rischiano la sopravvivenza. Il Governatore della Banca d’Italia, sottolinea che si tratta di «mesi cruciali in cui si decide la sorte di molte aziende». «Non poche imprese (soprattutto quelle più esposte verso gli intermediari finanziari) che avevano avviato prima della crisi una promettente ristrutturazione, colte a metà del guado dal crollo della domanda – dice Draghi – potrebbero veder frustrato il loro sforzo di adeguamento organizzativo, tecnologico e di mercato, rischiano la stessa sopravvivenza». Secondo il Governatore «un deterioramento prolungato del mercato del lavoro potrebbe compromettere la ripresa dei consumi e depauperare il capitale umano».
Rispetto al tema della contrattazione collettiva, Draghi dice che non deve esserci alcun ripristino delle gabbie salariali, ma «gradi più elevati di decentramento e di flessibilità nella contrattazione», quindi un maggior peso della contrattazione di secondo livello.
«Non si tratta di imporre vincoli aggiuntivi al processo di determinazione dei salari con il ripristino delle cosiddette gabbie salariali, ma al contrario di conseguire gradi più elevati di decentramento e di flessibilità nella contrattazione. Le parti sociali – aggiunge – si sono progressivamente orientate in questo senso, da ultimo con l’accordo recente che prevede un maggior peso della contrattazione di secondo livello».
«Con la crisi i problemi di struttura della nostra economia si sono fatti più urgenti». È la convizione di Draghi che aggiunge: «un mero ritorno ai deboli ritmi di crescita degli anni precedenti ci condannerebbe a un arretramento ancora più netto nel novero dei paesi avanzati. E’ necessario muoversi nella prospettiva di una ricostruzione della struttura economica del Paese».
Sugli immigrati, poi, Draghi ha sottolineato che grazie alla disponibilità del lavoro straniero il Paese ha una «risorsa, potenzialmente di grande rilevanza per la nostra economia». Draghi, tuttavia, avverte: «potremo utilizzarla solo se saranno governati i gravi problemi che essa pone sotto il profilo della integrazione sociale e culturale».
Fonte: Ilsole24ore.com