Negli ultimi mesi si è discusso molto a lungo l’annosa questione degli eurobond. Ad oggi, sembra essere una delle soluzioni più gettonate tra le vie strategie anti-crisi adottabili dai paesi dell’eurozona (Per approfondire l’argomento clicca qui). Eppure non tutti gli Stati sembrano accogliere con positività ed entusiasmo la pianificazione degli eurobond.
Come è facile immaginare, gli stati maggiormente compromessi dalla crisi economica, continuano a spingere verso l’adozione di questo sistema. La motivazione di tale scelta può essere ricondotta al costo del rifinanziamento: è importante sottolienare infatti, che alcuni Paesi, a seguito della crisi e alla conseguente contrazione del credito internazionale, hanno dovuto fare i conti (inevitabilmente) con costi di indebitamento particolarmente eleveati.
A palesare questa singolare situazione, l’andamento impazzito degli spread, (differenziale di rendimento dei titoli di Stato nazionali), che ad oggi rappresenta il migliore indicatore per poter valutare la condizione economico-finanziaria attuale.
Nel caso in cui la pianificazione degli Eurobond andasse davvero a buon fine, i costi di rifinanziamento per i Paesi più deboli scenderebbero vertiginosamente, apportando così seri benefici ai paesi maggiormente colpiti dalla crisi del debito!
Grazie a tale manovra infatti gli investitori potrebbero investire con maggiore serenità grazie alla maggiore solidità del titolo, attuando così un vero e proprio circolo virtuoso che permetterebbe in pochi mesi la totale autonomia del titolo.
D’altronde ci sono però altri paesi come la Germania che, dati i bassi livelli di indebitamento, non beneficerebbero dell’emissione degli eurobond, ma che anzi temono di rimanere vittime di un significativo aggravio per il proprio bilancio nazionale, senza alcun beneficio conseguente.
In poche parole, insomma, gli stati che godono di una maggiore stabilità non vogliono farsi carico dei debiti di altre nazioni in quanto colpiti marginalmente dal problema della crisi del debito!