Fotovoltaico organico: una nuova tecnologia per abbattere i costi

Parte la fase pre-industriale del fotovoltaico organico. Il lancio è avvenuto a Roma, nel Laboratorio di ricerca e sviluppo tecnologico del Polo solare organico della Regione Lazio. E’ lì, all’interno del Tecnopolo Tiburtino, che entro fine 2010 verranno realizzate, con la nuova tecnologia, celle solari su vetro per 10mila metri quadrati.

Di cosa si tratta?

Il fotovoltaico è oggetto di un notevole sforzo dei laboratori di ricerca. Il presente è costituito perlopiù dai tradizionali pannelli mono o policristallini spesso circa 100 micron. A fianco si sviluppa il segmento del film sottile. Permette costi inferiori e una migliore integrazione architettonica (è flessibile), anche se deve dimostrare la stessa affidabilità. Per il momento a livello commerciale esiste solo quello inorganico, che arriva ad uno spessore, a seconda del materiale (silicio amorfo, diseleniuro di indio e rame o tellururo di cadmio), di meno di un micron. «Siamo pronti con il fotovoltaico organico», spiega Franco Giannini, direttore del Dipartimento di Elettronica dell’università di Roma Tor Vergata e condirettore, insieme ad Aldo Di Carlo, del Polo solare. Con lo sviluppo tecnologico diminuisce lo spessore, il costo, ma anche l’efficienza. In genere si va dal 10-12% del pannello tradizionale all’8% del film sottile inorganico fino a circa il 4% dell’organico.

I vantaggi dell’organico

L’idea nasce in Svizzera, ma è stata sviluppata nei laboratori di ricerca laziali. A differenza delle celle di silicio, in questo caso la luce viene convertita in corrente elettrica grazie all’azione combinata di un colorante di origine organica (gli antociani) e un film sottile di nanoparticelle di biossido di Titanio (lo stesso materiale utilizzato come sbiancante nei dentifrici). La cella è composta da una base in vetro o plastica e «uno strato di biossido di Titano sul quale vengono depositati gli altociani e un elettrolita», continua Giannini. Sulla carta i vantaggi principali, rispetto all’inorganico, sono diversi. «Innanzitutto lo scambio di cariche non avviene attraverso un’unica superficie – dice Giannini – con le nanoparticelle la reazione è su tre dimensioni». C’è poi l’aspetto dei costi: «Un impianto che oggi costa 20mila euro potrà crollare a 200 euro». I materiali, infine, sono più leggeri e dovrebbero favorire l’integrazione architettonica. La tecnologia sfrutta la luce diffusa, in quanto le celle trasparenti possono essere integrate sui vetri delle costruzioni e sfruttarla sia in esterno che in interno.

Pubblico&Privato

I Laboratori sono il frutto della collaborazione tra l’Università Roma Tor Vergata e la Regione Lazio, che ha finanziato l’attività di ricerca due anni e mezzo fa con 6 milioni di euro. Lo spin-off Universitario Dyers farà da supporto alla fase di ingegnerizzazione del prodotto. Per l’industrializzazione effettiva, che avverrà dopo il 2010, si è già creato un consorzio all’interno del quale confluiscono l’università Tor Vergata di Roma, quelle di Ferrara e Torino a fianco di alcune aziende che si sono aggiudicate l’esclusiva della produzione e commercializzazione: Erg Renew, Permasteelisa e l’affiliata italiana dell’australiana Dyesol. L’assessore all’Ambiente e Cooperazione tra i Popoli della Regione Lazio, Filiberto Zaratti, ha spiegato il duplice risultato del Polo d’eccellenza: «Il primo è quello di aver dato un primo impulso al settore dell’industria delle rinnovabili nella nostra Regione, mentre il secondo è quello di voler aiutare il sistema paese a superare il gap tecnologico e di ricerca che possiede in questo campo. Ora la scommessa, in un periodo di crisi come questo, è quella di dare uno sbocco industriale a queste tecnologie sostenibile che sono a disposizione delle aziende».

I nodi da risolvere

Sulla strada della commercializzazione vanno ancora affrontate alcune questioni. «L’unico vero problema che dovremo risolvere in questa fase è legato all’elettrolita utilizzato – conclude Giannini -. Quello attuale è corrosivo, quindi richiede elettrodi fatti di materiali molto resistenti». Inoltre «dobbiamo capire meglio i meccanismi con cui avvengono alcuni fenomeni nanoscopici».

Fonte: Ilsole24ore.com

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