Il principio era corretto ma non ha evidentemente ottenuto i risultati desiderati. Perché il mercato libero nelle forniture di servizi essenziali per l’energia come gas e luce in realtà non ha portato ad abbassare i prezzi per le famiglie italiane
Anzi come ha certificato l’Autorità per l’Energia paradossalmente i costi sono più alti per chi abbia scelto di passare al mercato libero cambiando il fornitore, rispetto a quelli applicati a chi invece sia rimasto con le vecchie regole, ossia quelle del servizio di maggior tutela nel quale le tariffe sono decise dall’organismo che le regola.
In particolare per quanto riguarda l’elettricità è stato esaminato il prezzo di approvvigionamento, che per i clienti domestici è risultato in aumento del 12,8% rispetto al prezzo di maggior tutela mentre per i clienti non domestici la percentuale è pari al 6,6%. In pratica le famiglie che hanno scelto il mercato libero hanno pagato 108,61 euro al MWh, contro i 96,25 euro di quelle ancora sotto tutela e per le imprese si passa da 105,49 euro del libero a 98,97 euro del tutelato.
Leggermente minore è la differenza tra i due mercati per quanto riguarda il gas: infatti il prezzo per le famiglie al netto di tasse e Iva sul mercato libero è del 2% più alto di quello del servizio di maggior tutela, ma il gap aumenta e arriva al 6% considerando solo le classi di consumo inferiori a 5.263,60 metri cubi. Quanto alle altre tipologie di clienti il prezzo medio sul mercato libero è uguale o in alcuni casi inferiore a quello del servizio di tutela.
Ma quali sono secondo l’Autorità le cause di questo che si rivela un disservizio? Le proposte per i clienti non sono sempre facili da scegliere, tanto che il cliente si fida del mercato libero semplicemente perché lo considera migliore senza approfondire le reali condizioni, senza comparare realmente i prezzi finali e quindi c’è poca consapevolezza sulle scelte. Quindi servirebbero offerte più chiare da parte delle aziende.