E’ una delle misura più attese tra quelle che esaminerà il governo alla ripresa delle attività, ancora prima di fine agosto. Perché il cosiddetto ‘piano casa‘ avrà il compito di rilanciare da una parte il mercato delle vendite ma anche quello degli affitti.
Un piano complessivo da almeno 500 milioni di euro che si dovrebbe sviluppare su tre piani diversi, a seconda delle zone di competenza. La prima sta nel ritorno della deduzione del 15% (ai fini dell’Irpef per gli immobili affittati) in modo da riconoscere ai proprietari una spesa forfettaria di produzione di reddito. In pratica consisterà nel ripristinare una norma modificata dalla legge Fornero, che aveva abbassato al 5% la deducibilità.
La seconda fase, che allo stato costerebbe solo qualche decina di milioni di euro, è legata alla cedolare secca, l’imposta unica che, se scelta, sostituisce le altre tasse dall’Irpef alle imposte di registro. Potenzialmente poteva aumentare in maniera decisa il ricorso agli affitti, ma è penalizzata da troppe tasse e regole. Così al momento l’ipotesi più plausibile è quella di applicarla solo sul 70% dell’imponibile.
In ultimo ci sarà l’atteso intervento sull’Imu, visto che la tassa sulle case in affitto per i proprietari è aumentata, rispetto all’Ici, dal 100 fino al 2000% a seconda delle città tanto che i contratti a canone concordato, a prezzi ridotti concessi in cambio di agevolazioni fiscali, non sono più convenienti. Il progetto è quello di fissare per legge l’aliquota Imu per gli immobili locati o almeno per i contratti concordati al 4 per mille, per un costo complessivo di 70 milioni.
Come ha sottolineato il sottosegretario alle Infrastrutture Vincenzo De Luca “bisogna agire subito la partita della defiscalizzazione della piccola proprietà, penalizzata dalle tasse e dalla rigidità del mercato mantenendo comunque i contributi alle Regioni per aiutare con un fondo specifico le fasce estreme che si trovano nelle condizioni drammatiche di non riuscire a pagare un affitto”.