La Fiat va in Cina

In rete da qualche tempo rimbalzano notizie allarmanti riguardo l’interesse della Fiat ad aprire fabbriche in Cina per la produzione di almeno 250.000 vetture all’anno. Queste notizie sono allarmanti sopratutto se andiamo a vedere la situazione delle fabbriche italiane di proprietà del gruppo torinese, con le recenti casse integrazioni di Mirafiori e Termini Imerese, e con sindacati e lavoratori sul piede di guerra visto che il loro impiego è decisamente sull’orlo dell’abisso.

L’interesse della Fiat per la Cina è un segnale forte e chiaro, il Lingotto non può continuare a tenere aperte tutte queste fabbriche in Italia, i costi di gestione sono alti e c’è la necessità di mantenere la competitività alta anche nel resto del mondo perché perdere quest’ultima significa licenziare tutti. Proprio questo punto deve far riflettere, il mercato cinese è il più ampio attualmente, è quello con i maggiori margini di sviluppo ed è quello sul quale tutte le più grandi case produttrici si stanno concentrando. Per tutti questi motivi è assolutamente normale che la società torinese sia interessata a penetrare nel tessuto cinese per proporre i propri modelli al “mercato del futuro”.

Ovviamente, lo abbiamo visto, tutte considerazioni giuste, considerazioni che però andrebbero fatte davanti ai lavoratori ed alle loro famiglie, loro rischiano di perdere il posto di lavoro ma nessuno gli chiede cosa dovrebbero pensare. Le leggi del mercato sono spietate, la Fiat ha necessità di lavorare a costi minorie di produrre in Cina per non licenziarli tutti, i lavoratori, questi ultimi rischiano di rimanere senza lavoro  aggiungendo problemi a problemi in una Italia che oramai arranca.

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