Il dl Sviluppo, approvato dal Consiglio dei ministri, ha concesso alle imprese un “diritto di superficie avente durata di 90 anni” sulle spiagge e dunque – per “incrementare l’efficienza del sistema turistico italiano” – sarà permesso costruire o ristrutturare edifici già esistenti.
Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, ha sottolineato che “non c’è nessuna vendita” e che “la spiaggia rimane pubblica“, ma le proteste non mancano. Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, ha infatti dichiarato che “mai avremmo potuto immaginare di raggiungere un punto così in basso: il Belpaese smembrato e devastato dal cemento, in mano alla criminalità e agli speculatori con l’avallo del Governo“.
Il Wwf Italia ha parlato di un “pericolo lungo quasi un secolo“; inoltre per Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, si tratta di “una vera e propria spiaggiopoli: con meno di 1.000 euro al mese, pari alla locazione di un bilocale a Roma e Milano, sarà possibile affittare uno stabilimento balneare da 10.000 metri quadrati per 90 anni”.
La Federazione italiana imprese balneari ha invece rimarcato che “da almeno tre anni la Fiba-Confesercenti insiste su questo punto che può dare certezze a tutti gli imprenditori ed assicurare investimenti e lavoro nel lungo periodo”: pertanto “l’attuazione di questa proposta va gestita con equilibrio, più i costi saranno ragionevoli, più ci sarà spazio per investimenti che vogliamo e chiediamo di fare proprio per rilanciare il turismo balneare”.
Con tale provvedimento – ha infine concluso il Codacons – “vengono create le premesse per un grande piano di cementificazione del territorio aprendo agli speculatori“.