Ormai non c’è casa o ufficio nei quali non impazzino i cellulari, di ogni forma e costo.
Ma ora scopriamo che lo smaltimento alla fine del loro percorso commerciale potrebbe essere più semplice.
Infatti una ricerca della Illinois University ha dimostrato come si possano creare telefonini biodegradabili, capaci quindi di dissolversi senza inquinare.
Questi nuovi dispositivi saranno realizzati con materiali particolari e avranno una durata prestabilita dopo la quale verranno riassorbiti nell’ambiente, come spiega il ricercatore italiano Fiorenzo Omenetto che fa parte da diversi anni di questi staff di ricerca. In particolare si occupa e dello studio sulle potenzialità delle proteine della seta, un materiale utile per integrare al suo interno componenti come magnesio e silicio, che si caratterizzano per le loro proprietà di sciogliersi in acqua o nei liquidi del corpo umano.
Intervistato sulla ricerca, Omenetto ha afferma che l’obiettivo della ricerca è la messa a punto dell’elettronica transitoria che può offrire prestazioni simili a quelle dell’elettronica convenzionale, robuste e a lungo termine, ma in più queste componenti di nuova generazione sono in grado di essere riassorbiti dopo un tempo prestabilito. Per tutti i dettagli potete leggere qui
Invece già il 1° ottobre è partito il progetto Bioclean, che rappresenta una soluzione alternativa al problema dello smaltimento dei rifiuti e più specificamente della plastica individuando nuovi e robusti microrganismi capaci di ‘mangiare’ diversi tipi di polimeri sintetici partendo da plastiche di scarto provenienti dalle discariche e dai siti marini e terrestri.
Una ricerca finanziata dall’Unione Europea con 3 milioni di euro e coordinata dal professore di Biotecnologia Industriale e ambientale dell’Università di Bologna, Fabio Fava. Il team di ricercatori coinvolti nel progetto, attraverso l’utilizzo di metodi analitici e biologico-molecolari avanzati riuscirà a classificare tutti quei funghi e batteri noti per le loro capacità di biodegradazione della plastica e successivamente saranno individuati quei microrganismi più adatti al raggiungimento dello scopo prefissato, attuando nel contempo delle apposite verifiche sull’eventuale impatto ambientale provocato.
Stando ai dati raccolti prima dell’avvio del progetto la produzione di plastica totale solo in Europa ha raggiunto i 57 milioni di tonnellate e a questo vanno aggiunte oltre 24 milioni di tonnellate dei rifiuti post-consumo quasi metà dei quali sono stati smaltiti in discariche e inceneritori. Ecco perché trovare una maniera alternativa diventa essenziale. Chi volesse approfondire può leggere qui