Se ne torna a parlare: centrali solari a concentrazione nei deserti. Basterebbe convertire a quest’uso il 2% della superficie del Sahara per soddisfare il bisogno di energia di tutto il mondo.
E si tratterebbe di energia pulita e rinnovabile, senza inquinamento, senza emissioni di gas serra.
Lo dice lo studio di Greenpeace International “Beam me up, sunny”, condotto insieme ad Estela (Associazione europea per l’elettricità solare e termica) e al gruppo SolarPaces dell’Iea, Agenzia internazionale per l’energia. Secondo questo studio, il solare a concentrazione è la strada del futuro. Ecco di cosa si tratta.
I pannelli fotovoltaici ricavano energia elettrica direttamente dai raggi del sole. Il solare a concentrazione, invece, prevede l’impiego di specchi o lenti per concentrare (appunto) i raggi del sole, producendo temperature fino a 1000 C° (come la lava) e fornendo l’energia necessaria per far funzionare una centrale elettrica.
Questi sistema attualmente non è particolarmente diffuso. Uno degli esempi sono le torri solari della Spagna. Gli impianti hanno bisogno di cieli tersi e assolati: ideali quelli del Sahara o del Medio Oriente.
Secondo il rapporto di Greenpeace, dicevo, proprio il solare a concentrazione è la via del futuro. Se gli investimenti nel settore, ora pari a circa due miliardi di euro in tutto il mondo, salissero fino a 21 miliardi di euro l’anno entro il 2015 e 174 miliardi l’anno entro il 2050, il solare a concentrazione potrebbe soddisfare il 7% del fabbisogno di energia del mondo entro il 2030, e il 35% entro il 2050.
Per rendere possibile questo scenario, dice sempre Greenpeace, servirebbero prezzi di vendita garantiti dell’energia prodotta dagli impianti a concentrazione, così da sollecitare gli investimenti nel settore.
Ora con il solare a concentrazione il prezzo di produzione oscilla tra gli 0,15 e i 0,23 euro per chilowattora: più dei carburanti fossili e di molte energie rinnovabili. Secondo Greenpeace, però, diminuirà a 0,10-0,14 euro entro il 2020.
Il rapporto “Beam me up, sunny” di Greenpeace