Confesercenti: ripresa solo nel 2015

Una ripresa economica nel 2011? Praticamente impossibile, meglio guardare molto più in là, magari sino al 2015.

E’ la previsione che emerge dal rapporto di Confesercenti-Ref che fotografa ancora una volta, come se non ce ne fossimo accorti nella vita di tutti i giorni, un’Italia che stenta a risollevarsi ed è destinata ad essere così anche nei prossimi anni.

Secondo Confesercenti non sono sufficienti i deboli segnali positivi come una disoccupazione in calo dall’8,2% del 2011 ad un dato previsto per il 2012 in 7,9% mentre il debito pubblico che quest’anno toccherà il 120,5% dovrebbe scendere solo al 119,8%. Inoltre analizzando la manovra economica si calcola una crescita del Pil quest’anno dello 0,7%, ma solo dello 0,4% nel 2012, con un rapporto deficit-Pil al 3,8% nel 2011 e al 2,2% nel 2012.

E non vanno meglio i dati relativi ai consumi delle famiglie che passeranno da un + 0,6 alla fine di quest’anno ad un misero +0,3 del 2012 mentre l’export che da qui a fine 2011 raggiungerà una crescita del 4% nei successivi 12 mesi solo il 2% in più. Ecco perché Confesercenti chiede al governo di fare di più per ridare energia ad un’economia quotidiana che stenta e per la quale non si vedono via d’uscita almeno a breve.

Come afferma il presidente nazionale Marco Venturi “un’economia ferma o quasi impone scelte rapide e decise soprattutto sul versante della spesa e servirebbe un patto nazionale per ridurre l’esplosiva pressione fiscale e per una riforma definitiva delle pensioni. Invece registriamo politiche fiscali di segno restrittivo su una situazione di crescita già fragile, compromettendo ulteriormente il tessuto produttivo, la potenzialità di sviluppo del sistema e quindi, la capacità di servire uno stock di debito di dimensioni elevate come quello italiano”.

Il timore è quindi che la ripresa vera, sempre che il mercato mondiale non subisca altri pesanti rallentamenti dalle crisi economiche dei Paesi più in vista e dal crollo delle Borse, possa registrarsi soltanto a partire dal 2015. Soprattutto perché le famiglie italiane, e lo abbiamo ribadito più volte anche dalle nostre pagine, non riescono più a risparmiare.

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