Il PDL è uscito con le ossa rotte dalle elezioni amministrative di domenica e lunedì. Erano previsti i ballottaggi nei comuni che già avevano votato per il primo turno due settimane prima, mentre per i comuni siciliani si trattava del primo turno. E anche nella roccaforte del centro-destra, Catania, la sconfitta non solo c’è stata, ma il PDL non ha avuto modo nemmeno di provare la rimonta al ballottaggio, visto che il candidato Enzo Bianco del PD, già sindaco etneo per tre volte tra il 1988 e il 2000, ha vinto al primo turno con il 52% dei consensi. E dire che solo cinque anni fa, la sfida al ballottaggio fu tutta a destra, tra il sindaco uscente Raffaele Stancanelli (PDL) e il vice-segretario nazionale de La Destra, Nello Musumeci. Tempi lontanissimi. Ora, a parte qualche sprazzo di vittoria qua e là in comuni minori, la coalizione del centro-destra perde un pò ovunque anche nell’isola, dopo lo choc delle elezioni regionali dello scorso ottobre.
E pensare che il segretario del PDL è proprio il siciliano Angelino Alfano, che non ha ancora trovato il tempo di assumersi la responsabilità, quanto meno formale e parziale, di una sconfitta che nel PDL si sente tutta, tanto che lo stesso Silvio Berlusconi medita di stravolgere completamente il modello di partito. E sotto la reggenza Alfano, il PDL di vittorie in Sicilia non ne ha viste neppure una.
Certo, anziché pensare a un maggiore radicamento sul territorio e a un coinvolgimento della base nell’individuazione dei candidati almeno locali, i big del partito starebbero pensando a un movimento leggero, come se il PDL fosse un partito “pesante”. L’idea di primarie, congressi autentici non sembra andare per la maggiore. Vi ricordate l’era Alfano, che era iniziata proprio con l’ipotesi di convocare i congressi, partendo dai comuni? Non si è vista l’ombra del rinnovamento promesso. Le sconfitte di queste due settimane e il tracollo di Roma sono le prove di tale inazione.