Le seconde consultazioni di ieri sono iniziate dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, alle ore 10 con il Popolo della Libertà. E non sarebbe stato un caso che fosse il PDL a dare vita al nuovo giro di incontri, perché è chiaro che in queste ultime settimane è nato un asse forse anche paradossale tra Silvio Berlusconi e il Quirinale, mentre il capo dello stato e il PD sono allo scontro duro e crudo. Ancora ieri, il segretario Pierluigi Bersani avrebbe preteso il mandato di premier, ma senza ricercare un accordo col PDL. Idea del tutto respinta da Napolitano, il quale avrebbe chiarito ai democratici che non esisterebbe alternativa a una intesa con gli avversari. Tanto che si era diffusa la voce, smentita dallo stesso Quirinale, che Napolitano avesse minacciato le dimissioni, se il PD non accetterà le larghe intese.
Ma se continua il toto-premier, due cose sono certe in questo scenario confuso. Il primo è che Bersani non riceverà l’incarico, avendo anche minacciato di mettersi di traverso al piano B del Colle. I sogni di gloria si erano spenti già il giorno delle elezioni, ma si sono del tutto schiantati questa settimana, quando il leader del centro-sinistra ha dimostrato di non avere né la volontà politica, né la capacità di ricercare un accordo ampio tra le forze parlamentari.
La seconda certezza sarebbe, poi, che dentro il PD è già scoppiata una guerra di più parti. Renziani, dalemiani e bersaniani sono ai ferri corti e il rischio che il partito possa implodere, nel caso in cui si realizzasse il disegno del Quirinale di un governo PD-PDL, è altissimo.
Rosy Bindi ha minacciato nei giorni scorsi di dimettersi da presidente del partito, mentre gli uomini più vicini al segretario, come Stefano Fassina, andrebbero sulle barricate. Insomma, il PD si potrebbe avviare verso una dolorosissima scissione, aggravando lo stato di crisi del centro-sinistra.