Arriva oggi a sentenza il processo di primo grado per il cosiddetto caso Ruby, che vede l’ex premier e leader del centro-destra, Silvio Berlusconi, imputato per due capi di imputazione. In primis, per quella telefonata effettuata il 27 maggio del 2010, quando il Cavaliere si sarebbe speso in favore del rilascio della giovane Ruby.
Ma il capo di accusa che fa mediaticamente più scalpore è relativo allo sfruttamento della prostituzione minorile, visto che per il pm Ilda Boccassini, l’allora diciassettenne si sarebbe più volte concessa all’ex presidente del consiglio. L’accusa chiede sei anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Quest’ultima pena, se comminata e confermata fino in Cassazione, non consentirebbe al Cavaliere di partecipare più alla vita politica, perché non potrebbe essere rieletto o accedere a una carica pubblica. Quello del caso Ruby è a tutti gli effetti uno scenario simile a quello già determinatosi con il caso dei diritti TV Mediaset.
Le ipotesi sono diverse per quel che accadrà tra poche ore. O Berlusconi viene condannato in modo pieno, che è poi quello che l’imputato ormai si è rassegnato a prevedere; o verrà assolto con formula piena o per insufficienza di prove; o ancora, potrebbe essere condannato per un reato e scagionato per l’altro. In questo caso, la pena sarebbe più lieve, ma resta l’incognita della comminazione dell’interdizione o meno dai pubblici uffici.
In caso di condanna sul caso Ruby, tuttavia, a ballare sarà ancora una volta il governo Letta, per quanto Berlusconi abbia rassicurato sulla tenuta dell’esecutivo, il cui destino sarebbe slegato da quello dei suoi processi. Non tutti la pensano così, a partire dal PDL, dentro cui vi sarebbero diversi mugugni per l’incapacità del presidente Napolitano di frenare la persecuzione giudiziaria contro l’ex premier.
