Cambio di strategia a Palazzo Grazioli da parte dell’ex premier Silvio Berlusconi, a proposito della vicenda della sua decadenza da senatore, dopo la condanna definitiva in Cassazione per frode fiscale. I gruppi di Camera e Senato del PDL hanno accolto all’unanimità la proposta dei rispettivi capi Renato Brunetta e Renato Schifani, di dimettersi in massa, nel caso in cui la Giunta per le elezioni del Senato dovesse dichiarare decaduto il Cavaliere, nel voto del 4 ottobre. Falchi e colombe, per la prima volta dopo diverse settimane si sono ritrovati d’accordo. Se decade Berlusconi, ci dimettiamo tutti. Ministri compresi. Sono anch’essi onorevoli, fanno notare dalle parti del PDL.
La minaccia non ha fatto piacere al ministro Dario Franceschini, che incontrando in serata il collega Angelino Alfano, ha tacciato il centro-destra di irresponsabilità, perché metterebbe a rischio la credibilità dell’Italia, mentre il premier Enrico Letta era ieri a Wall Street ad assicurare sulla stabilità politica del nostro paese.
Ma la minaccia ha un destinatario d’eccezione: Giorgio Napolitano. Di lui, pur senza nominarlo, alla riunione di ieri dei gruppi parlamentari, Berlusconi non ha alcuna fiducia e, anzi, teme che una volta dichiarato decaduto, altre procure potrebbero chiedere il suo arresto per umiliarlo. Da qui, l’accelerazione della crisi, dopo giorni di toni e promesse da colombe, che non avrebbero portato ad altro, se non a una convinzione del PD che la crisi non ci sarà e che il Cavaliere possa essere estromesso dal Senato senza conseguenze.
Intanto, in attesa di comunicare se avvalersi della pena alternativa al carcere e agli stessi domiciliari, puntando ai lavori socialmente utili, l’ex premier ha trasferito la residenza da Arcore a Roma. Un modo per segnalare la sua intenzione di continuare a fare politica, restando vicino ai palazzi istituzionali.