La scorsa settimana, grazie anche all’astensione del Pd sulla proposta di legge presentata dall’Idv, le Province ancora una colta si sono salvate dalla cancellazione. Ma in realtà i conti parlano chiaro: la loro abolizione potrebbe permettere di realizzare un risparmio secco per i cittadini italiani di almeno 7 miliardi di euro annui.
A sostenerlo non è il partito di Antonio Di Pietro ma la Confesercenti che ha pubblicato i dati nel dossier ‘Riaprire la pratica dell’abolizione delle Province’.
Secondo questo studio il taglio delle Province “consentirebbe di realizzare risparmi dell’ordine di 7 miliardi annui, ossia una parallela riduzione di spese e di imposte pari a mezzo punto di Pil”. E ancora, nel dossier, si sottolinea come al passaggio al federalismo fiscale non cambia la situazione.
“Con l’avvento del federalismo – si legge tra l’altro – si rischia che a cambiare siano solo le intestazioni: le risorse provenienti da Stato e Regioni non si chiameranno più trasferimenti, ma compartecipazioni. La sostanza tuttavia, non cambia”. Confesercenti ha messo anche a confronto la situazione italiana con quella degli altri maggiori Paesi europei. Come in Germania, nella quale non esistono altri enti territoriali oltre ai Comuni e i Lander (le nostre regioni) esattamente come avviene in Francia con i Dipartimenti, mentre in Inghilterra ci sono le Contee che hanno solo carattere tecnico-amministrativo e non politico. E anche negli Usa esiste il governo nazionale e quello dei singoli stati, nulla di più mentre le contee sono più che altro confini geografici, la cui autorità principale è lo sceriffo, non un politico.
Ecco perché sembra che la posizione dell’Italia, ancora saldamente ancorata all’istituzione Provincia sia anacronistica rispetto a tutti gli altri. Tagliando le 110 Province (solo nel 1947 erano 91), le cui entrate complessive tra imposte, tasse e trasferimenti dallo Stato o altri enti pubblici, sono pari a 13 miliardi ma che spendono 13,7 miliardi, il risparmio per i contribuenti sarebbe netto. Attualmente
Ovviamente fatti salvi i contratti dei dipendenti pubblici che potrebbero essere destinati ad altro incarico, ecco perché il risparmio sarebbe pari ad almeno 7 miliardi annui. Ma per ora a Roma ci sentono in pochi.