La Corte dei Conti ha reso noto che si è “verificata una perdita permanente di prodotto, calcolata a fine 2010 in 140 miliardi e prevista a crescere a 160 miliardi nel 2013″: è questa “l’eredità dei condizionamenti dovuti agli effetti permanenti causati dalla grande recessione nel 2008-2009″.
Inoltre “la fine della recessione economica non comporta il ritorno ad una gestione ordinaria del bilancio pubblico, richiedendosi piuttosto sforzi anche maggiori di quelli accettati”. La magistratura contabile ha anche sottolineato che – per adempiere agli obblighi europei – è da ritenersi “impraticabile qualsiasi riduzione della pressione fiscale“.
Peraltro – ha puntualizzato la Corte dei Conti – va considerata “l’esigenza di accelerare e completare il percorso di ricognizione, riflessione e proposta di recente avviato dal governo in vista di una riforma complessiva del sistema impositivo che tenga conto anche dei condizionamenti così come delle opportunità legati all’attuazione del federalismo fiscale”: infatti “è in tale quadro che si potranno concretamente verificare anche gli spazi di manovra per un incisivo processo di ridimensionamento di esenzioni e agevolazioni, finalizzato all’ampliamento delle basi imponibili”.
La Corte ha poi comunicato che il fenomeno evasivo raggiunge in Italia “un livello di punta nel panorama europeo, con l’eccezione della Grecia e della Spagna”: “va segnalato” – ha quindi precisato la magistratura contabile – “che gli indicatori utilizzati evidenziano un aumento di compliance a partire dal quarto trimestre del 2009, dopo un riacutizzarsi del fenomeno evasivo negli anni della crisi“.
“Forse la crescita non è sufficiente” – ha infine commentato Giulio Tremonti, ministro dell’Economia – “ma senza la tenuta di bilancio non ci sarebbe stata neanche questa insufficiente crescita”.