Redditometro al via, ma ora lo rinnega pure Monti

Redditometro, Berlusconi e Monti contro. Bersani contrario a metàIl primo a prenderne le distanze è stato il leader del centro-destra, Silvio Berlusconi, che ha definito il redditometro sbagliato e causa di un possibile crollo dei consumi, oltre che di un clima da stato di polizia. Ma proprio nei giorni in cui il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, sta mettendo mano alla lista dei 35 mila contribuenti da convocare presso i propri uffici territoriali per fornire ai funzionari del Fisco qualche chiarimento, ecco che tutti i leader principali dei partiti iniziano a disconoscere lo strumento di lotta all’evasione, che sta già seminando il panico tra gli italiani.

Quello che non ci si aspettava è che colui che più di ogni altro ha voluto questo nuovo sistema di verifica fiscale, ora lo abbia rinnegato. Parliamo del Prof. Mario Monti, per cui il redditometro sarebbe una polpetta avvelenata che il suo predecessore (Silvio Berlusconi) avrebbe lasciato al suo governo, ma che egli non avrebbe introdotto così com’è.

Meno drastica la presa di distanza del leader del centro-sinistra, Pierluigi Bersani, per cui esso non sarebbe uno stato di polizia, ma fosse stato per lui avrebbe puntato più sull’incrocio delle banche dati e a una maggiore tracciabilità del denaro, tramite pagamenti elettronici.

In effetti, il decreto che varò il redditometro risale al 2010 e introduceva verifiche a partire sui redditi del 2009. Tuttavia, attacca l’ex premier Berlusconi, tale strumento voluto dal suo governo non prevedeva l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, né il denaro tracciato sopra i mille euro. Il presidente del PDL ritiene che queste misure avranno effetti depressivi sui consumi, perché spaventano i cittadini e creano un clima da stato di polizia, scagliandosi contro la proposta del PD di eliminare il contante oltre i 300 euro.

Ma parole a parte, la nuova misura varata definitivamente dal governo uscente a guida Monti incrocia le informazioni di tutte le banche dati disponibili sullo stato economico del contribuente e crea una lista di soggetti a rischio evasione, ossia di coloro i cui consumi nell’anno siano stati superiori almeno del 20% al reddito dichiarato. Spetterà al malcapitato convincere i funzionari di Befera che il gap eccedente tale percentuale sia stato finanziato con altre forme di reddito già tassate alla fonte o non soggette a tassazione (ad es. una donazione).

Se la spiegazione non convincerà l’Agenzia, si andrà alla contestazione formale, dove il contribuente dovrà vedersela con 100 voci di spesa, 11 categorie familiari e cinque suddivisioni geografiche macro-regionali utilizzate dai funzionari per classificare meglio lo stile di vita del singolo sottoposto a verifica.

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