Con il 63,93% dei voti, Ignazio Marino è sindaco di Roma. All’uscente Gianni Alemanno va uno striminzito 36,03%. Un’umiliazione imbarazzante per quest’ultimo, il primo sindaco capitolino di destra nella storia dell’Italia repubblicana. E a spulciare i dati sui consiglieri eletti, i numeri per lui sono persino più disastrosi. Su sette consiglieri comunali che il PDL porta a casa, nessuno fa riferimento ad Alemanno. Il segno evidente di una disfatta, che va oltre i grossi limiti mostrati in questa tornata da un partito senza organizzazione sul territorio, come il PDL. La bocciatura di Gianni Alemanno è stata nettissima, nemmeno giustificabile con il dato assai pesante dell’astensionismo. D’altronde, si era evidenziato al comizio di chiusura del primo turno, quando al Colosseo erano arrivati per lui non più di un migliaio di sostenitori, tanto che l’ex premier Silvio Berlusconi, venuto in soccorso del sindaco uscente, era rimasto assai adirato dalla debacle.
Il voto di ieri ha confermato che l’unica figura in grado di raccogliere consensi nel centro-destra si chiama Silvio Berlusconi. Di più: gli ex AN non esistono più e le stesse giravolte politiche di Alemanno gli hanno nuociuto gravemente, come le voci che fino a pochi mesi fa lo davano in libera uscita verso la lista Monti.
Dell’area degli ex AN a rimanere in salute è solo Giorgia Meloni, che nella capitale strappa un ottimo 6%, che potrà essere fatto valere nei rapporti con gli alleati. Unica cifra a segnalare salute nella coalizione. Unica figura della ex destra di AN a potere, tutto sommato, guardare con fiducia al futuro prossimo.