La fine politica di Mario Monti? Pare proprio così. Se ancora un anno fa, l’ex premier era considerato un cavallo invincibile, che avrebbe travolto i due schieramenti in campo alle elezioni politiche, oggi tutto sembra suggerire l’opposto. Il flop alle urne di febbraio è stato netto, Scelta Civica ha ottenuto un risultato magro e ha portato alla scomparsa dell’UDC di Pierferdinando Casini. Allo stesso tempo, nemmeno sotto il governo delle larghe intese è stata in grado di attrarre gli scontenti dell’uno e dell’altro schieramento. Già nei mesi scorsi, il Prof.Monti aveva espresso le sue perplessità sul governo, aggravate dagli scontri tra PD e PDL e dalla dura battaglia interna con gli uomini di Casini. Tanto che aveva minacciato l’addio alla maggioranza, se non ci fosse stato un impegno serio e duraturo degli altri partiti.
Adesso, Monti spiega il suo addio clamoroso a Scelta Civica, sua stessa creatura, con la sfiducia mostrata verso la sua linea da parte di undici parlamentari, per lo più senatori, i quali hanno contraddetto la sua analisi sulla legge di stabilità e di fatto esprimendo un sostegno incondizionato al governo Letta.
Legittimo per Monti tale sostegno, ma che farebbe venire meno la sua guida dentro il partito. Il Prof aveva definito la legge di stabilità “sufficiente” con riguardo agli obiettivi europei, “timida” in rapporto alla riduzione delle tasse e “insoddisfacente” sul fronte della crescita,
Monti ha annunciato anche il passaggio al gruppo misto del Senato. L’ex premier è senatore a vita sin dal novembre 2011, quattro giorni prima che fosse nominato premier da Giorgio Napolitano. Con le dimissioni di ieri, pertanto, pare che giunga all’epilogo la sua esperienza politica, anche se la carica di senatore a vita gli consentirà certamente di continuare a dire la sua da parlamentare.