Dopo il tentativo del Governo greco di chiudere la tv pubblica, anche in Italia sono stati valutati i vantaggi di una simile soluzione: Mediobanca ha proposto di vendere la Rai. Gli analisti finanziari di Piazzetta Cuccia hanno stimato a “circa 2 miliardi di euro” l’incasso che lo Stato potrebbe ottenere, a fronte di un azienda in difficoltà e in perdita. In realtà un’iniziativa del genere andrebbe contro i principi e i diritti difesi dalla Repubblica Italiana, inoltre la cifra momentaneamente guadagnata sarebbe niente in confronto ai ricavi di un’azienda in crescita.
Mediobanca ha calcolato che, dalla vendita della Rai, lo Stato potrebbe alleggerire il bilancio. La tv pubblica sarebbe valutata dal mercato 2,47 miliardi di euro, secondo gli analisti una vera boccata di ossigeno dal momento che l’anno passato il conto è stato in perdita di 244 milioni di euro, mentre gravano ancora i 366 milioni di debiti netti al 31 dicembre 2012. Sebbene Piazzetta Cuccia non consideri i benefici che verrebbero allo Stato con un’azienda ben funzionante all’interno di un economia in ripresa, ha comunque cercato di assumere un atteggiamento obbiettivo tanto da aver giudicato realisticamente difficile vendere la Rai. I problemi, secondo Mediobanca, deriverebbero dai risvolti sociali e politici “Sono coinvolti più di 13mila lavoratori e non saremmo sorpresi se i sindacati minacciassero diversi giorni di sciopero. Inoltre il potere esercitato dal Parlamento sulla Rai è tradizionalmente notevole.”
Se il problema principale per gli analisti finanziari sono le perdite derivanti dagli scioperi, è invece proprio il sindacato che si solleva in difesa delle migliaia di famiglie che vivono grazie al lavoro presso la televisione pubblica, e a sostegno della salvaguardia della cultura e dell’informazione. La risposta dell’Usigrai alla proposta di vendere la Rai è stata perentoria “Il servizio pubblico non può essere considerato un bene disponibile per fare cassa: la cultura e l’informazione non sono in vendita. Occorre un rinnovamento profondo e la liberazione dal controllo dei partiti e dei governo. La via tentata dalla Grecia non può essere la strada di un paese democratico. Ci chiediamo se dietro questo suggerimento di Mediobanca non si nascondano conflitti di interessi. Sarà un caso che tra gli azionisti ci sia anche la Fininvest?”