Si vanno delineando le regole per l’elezione del segretario del PD. La direzione nazionale di ieri ha sancito in linea di massima il principio per cui a votare per il prossimo responsabile del partito saranno solo gli iscritti. Una regola, questa, che viene giudicata dai più come un espediente per impedire al sindaco di Firenze, Matteo Renzi, di guidare il PD, visto che la sua base elettorale è più ampia tra i non iscritti, tra i tanti delusi del PD e del centro-sinistra, ma spesso non militanti. Non è un caso che i renziani siano su tutte le furie. Lo stesso sindaco fiorentino avrebbe confidato ai suoi uomini più vicini che così facendo, il PD ammazza sé stesso.
Renzi, in cuor suo, confida che l’assemblea nazionale modifichi questa impostazione; lì servono i due terzi per ottenere il via libera e i renziani sperano che Epifani, Bersani, Franceschini non trovino la maggioranza sperata.
Quanto alla data, Epifani proporrà l’ultima domenica di novembre, il 24, evitando di dilungare eccessivamente i tempi. Dalla segreteria emerge la linea ufficiale del partito: voto ristretto alla base per l’elezione del segretario, voto ampio e allargato per il candidato premier. Renzi risponde ironico a questa ipotesi: Romano Prodi non potrebbe più votare per scegliere il segretario, visto che non ha rinnovato la tessera del PD. Assurdo.
Dietro alle regole anti-Renzi si nasconderebbe la mano del premier Enrico Letta. Il pensiero del presidente del consiglio è chiarissimo: il sindaco di Firenze non vuole la guida del partito, ma solo arrivare a Palazzo Chigi il prima possibile. Per questo, se egli diventasse segretario, farebbe cadere immediatamente il governo, in modo da tentare di prendere il posto a Letta. Insomma, il cerchio attorno a Renzi si stringe. E’ sempre più isolato e un corpo estraneo tra i democratici.