Ancora pochi giorni ed entrerà in vigore la riforma delle pensioni in base ai nuovi coefficienti di calcolo per quelle contributive che ridurranno in media gli importi di circa il 3%, ma soprattutto complice la crisi internazionale potrebbero portare ad un decremento complessivo delle cifre non solo per il prossimo anno.
E allora andiamo a vedere come funzionerà in concreto. Con la riforma coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1996 in poi saranno in regime di sistema contributivo puro e per loro varranno quindi anche gli effetti di coefficienti così come della mancata crescita economica sugli assegni. Chi invece rientra nel sistema misto, ossia avevano meno di 18 anni di contributi a fine ’95, risentirà in maniera minore mentre i lavoratori dovranno sottostare al sistema contributivo solo sui versamenti effettuati dal 2012 in poi.
In pratica i contributi versati vengono accumulati anno per anno e rivalutati ad un tasso che deriva dalla variazione media quinquennale del Pil nominale, comprendendo quindi sia la crescita reale sia l’incremento dei prezzi. Una somma che viene successivamente trasformata in una rendita pensionistica attraverso i coefficienti, rivisti ogni tre anni anche se nel prossimo futuro succederà ogni due anni, anche in base agli andamenti demografici.
Sempre dal 2013, in base alla nuova riforma, verranno applicati specifici coefficienti per le età di uscita superiori a 65 anni, quindi rimanere al lavoro (sempre che ce ne siano possibilità e condizioni) in prospettiva futura conviene. Ad esempio in caso di uscita a 70 anni) il vantaggio economico arriverà a superare il 16% rispetto ai coefficienti attuali.
Ad incidere però saranno anche le condizioni economiche del Paese. Infatti nel sistema contributivo è previsto che i contributi versati per i lavoratori dipendenti formino una base rivalutata in base ad un tasso di capitalizzazione derivante dalla variazione media quinquennale del Pil nominale, scelto su questa durata per evitare nell’arco breve gli effetti della recessione. Dal 2009 ad oggi però il Pil ha mostrato segnali negativi e quindi ci saranno conseguenze economiche sulle cifre della pensioni. Quindi, senza cre3scita dell’Italia, inutile sperare in pensioni umane.