Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, tuona contro il Partito Democratico e il governo, rei di seguire l’impostazione di Giorgio Napolitano sull’amnistia. Da Bari, il sindaco fiorentino attacca il PD, sostenendo che non si potrebbe far finta di avere scherzato per sei anni (dall’indulto del 2006), aprendo le celle ai carcerati. E la risposta del premier Enrico Letta è immediata, invitando il centro-sinistra a non creare una coalizione asfittica e basata sul populismo di testa e cuore. Il riferimento è stato evidente ai due maggiori contendenti della segreteria del PD: Gianni Cuperlo e Matteo Renzi.
Ma lo scontro interno ai democratici potrebbe fare saltare l’intesa sull’amnistia nella maggioranza, visto che i renziani potrebbero decidere di caratterizzarsi per la loro contrarietà alla misura, cercando di capitalizzare consensi, in vista delle primarie di dicembre.
La pattuglia dei renziani al Senato e alla Camera non è tale da mettere in allarme l’eventuale raggiungimento della soglia dei due terzi necessaria per l’approvazione in Parlamento del provvedimento di grazia. Tuttavia, il PD ne uscirebbe lacerato su una questione molto sensibile, anche perché pur essendo l’elettorato di sinistra tradizionalmente favorevole a tali misure, adesso avrebbero il sapore di una trattativa con il leader del centro-destra, Silvio Berlusconi, indicato quale potenzialmente beneficiario di un’eventuale amnistia.
I renziani cercheranno di prendere le distanze a livello pubblico, in modo da attirare quelle fette di elettorato contrario, ma il rischio è che il PD non regga allo scontro su un tema così importante. L’amnistia potrebbe per paradosso salvare il Cavaliere e condannare la sinistra?