La raccolta differenziata sul piano teorica ha due vantaggi: fa bene all’ambiente, grazie allo smaltimento specifico di molti rifiuti, e fa bene anche alle tasche dei cittadini che possono così ottenere sconti sulla TARSU, ossia la tassa che regolarizza i pagamenti per la spazzatura urbana.
Ma all’atto pratico nessuno dei cittadini ha la certezza che la sua disciplina venga effettivamente premiata con uno smaltimento differenziato.
A fronte della pazienza che ci va per smistare i rifiuti, dividendoli in sacchi specifici (ne comuni che adottano già questo tipo di raccolta) oppure gettandolo nei cassonetti e campane ad hoc, le amministrazioni comunali non sono così controllabili nei passaggi successivi.
Ora però un esperimento che partirà da lunedì prossimo in un comune della provincia di Modena, San Vito di Spilamberto, potrebbe essere il precursore di un nuovo metodo efficace, per tutti. Sarà infatti attivo un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti che prevede il monitoraggio dei 500 cassonetti differenziati presenti in paese e che vedono coinvolte un migliaio di utenze.
Il progetto, ancorché sperimentale e in un’area molto piccola, è finanziato direttamente dalla Regione e realizzato praticamente dalla Hera che su tutto il territorio emiliano si occupa della gestione dei rifiuti. All’atto pratico i cittadini avranno a disposizione una smart card che monitorerà il loro effettivo sfruttamento della differenziata e grazie alla tracciabilità servirà quindi a ridurre l’importo da pagare al comune per la raccolta. Se tutto funzionerà a dovere, quindi, il SISTRI domestico (ossia il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) renderà anche più trasparente la procedura di smaltimento e il riciclo dei rifiuti.
In pratica così la raccolta differenziata di rifiuti domestici sarà monitorata costantemente nel passaggio dai cassonetti ai centri di stoccaggio e tutti i percorsi fatti da plastica, carta, vetro e metallo saranno certificati. Un primo passo che nel prossimo futuro potrebbe essere preso ad esempio anche dalle grandi metropoli a partire da Roma, Milano, Torino e Napoli, quelle cioè che potenzialmente in futuro rischiano di più per la mancanza di aree di stoccaggio.