Il Partito Democratico sente il brivido della scissione interna, tanto che già nelle scorse ore sono iniziate a circolare alcune ipotesi sulla futura conformazione del centro-sinistra. Matteo Renzi, attuale sindaco di Firenze, potrebbe staccarsi dal resto del partito, portandosi dietro tutti gli ex dc, mentre quel che resterebbe del partito di Pierluigi Bersani andrebbe verso una fusione con il Sel di Nichi Vendola, riposizionandosi a sinistra, magari sotto la guida di Fabrizio Barca, che guarda caso ieri ha chiarito di essere iscritto al PD. In pratica, una riedizione di Margherita e DS, che metterebbe la parola fine al breve esperimento dei democratici. Il rischio sarebbe così alto, che ieri Massimo D’Alema si è recato a Firenze per cercare di calmare l’animo di Renzi, infuriato contro Roma, dopo essere stato escluso a sorpresa dalla nomina a grande elettore per l’elezione del capo dello stato.
Un attrito, quello tra Renzi e la segreteria Bersani, che sta allontanando ormai molti ex fedelissimi da quest’ultimo. E che s’inserisce nella questione complessa del nome del successore di Napolitano, con l’ala centrista del PD che non mollerebbe sulla volontà di mandare al Quirinale un proprio uomo.
Dall’altra parte del Parlamento, Silvio Berlusconi concede solo altri cinque giorni al centro-sinistra per trovare la quadra su governo e Quirinale e in un’intervista a Repubblica spiega di essere pronto a votare anche un candidato del centro-sinistra per il Colle, a patto che si dia, però, vita a un governo di larghe intese, con ministri decisi insieme. Senza questa condizione, continua, non ci sarà convergenza.
E il centro-destra potrebbe sfruttare la crisi dei rapporti interni al PD tra le due fazioni per cercare di fare salire al Colle il candidato che gli sarebbe meno ostile. Tra i nomi, circolano quelli di Franco Marini e di Giuliano Amato, entrambi non espressione del mondo post-comunista al quale appartiene Bersani.
