Aeroporti italiani, il low cost non paga

Costano decisamente meno del resto d’Europa gli scali nel nostro Paese, che “vola basso”, però sul fronte degli investimenti!
A lamentarsi qualche tempo fa anche un ministro, Claudio Scajola, responsabile dello Sviluppo economico. Gli aereoporti tanto quanto ferrovie e autostrade rientra infatti nel paradigma delle infrastrutture “made in Italy”, decisamente trascurate!

Investimenti in picchiata
In particolare gli scali negli ultimi anni sono caduti in un circolo vizioso: basse tariffe e bassi investimenti. In Italia un atterraggio costa in media 1.482 euro contro 2.366 del resto d’Europa, ma l’altro lato della medaglia è rappresentato dai bassi investimenti. Basti pensare che nel 2007 a Fiumicino hanno impiegato 2,2 euro per passeggero, che salgono a Milano a 2,3, contro una media europea di 7,6 euro, mentre a Francoforte hanno addirittura speso 13 volte la cifra di Roma e a Parigi il quadruplo.

Con un nuovo contratto di programma l’Enac, l’ente per l’aviazione civile, starebbe cercando di invertire questo rapporto concedendo alle società di gestione di aumentare le tariffe, ferme da un decennio, a fronte del rispetto di alcuni parametri concordati, a cominciare da piani quadriennali di investimento, progetti certi, più flessibili e verificabili rispetto ai voluminosi contratti di concessione spesso fissati per legge e con una durata lunghissima, dai 25 ai 40 anni.

All’operazione finora hanno aderito quattro aeroporti medi, Bari, Brindisi, Napoli e Pisa, mentre per Cagliari, Bologna e Palermo sono aperte le istruttorie e con Malpensa e Linate l’Enac ha avviato un confronto positivo.

Fiumicino non ci sta
Nessun feed back al momento da Fiumicino. Il rischio sarebbe dunque che il più grande scalo italiano con 38 milioni di passeggeri l’anno, decida di non aderire. Non gli sarebbe infatti piaciuto il contratto di programma proposto ma non per una questione di investimenti. Negli ultimi 2 anni Fiumicino ha infatti investito circa 250 milioni, prevedendo di impiegare un altro miliardo fino al 2017 per consolidare il ruolo di scalo di riferimento Alitalia e portare la capacità aeroportuale a 50 milioni di passeggeri. Rimane tra le righe della partita con l’Enac, la volontà dei Benetton, azionisti di riferimento dell’azienda, di aumentare le tariffe, per ripagarsi degli investimenti.

Il decollo delle tariffe
L’idea di base del contratto caldeggiato dall’ente dell’aviazione è che gli investimenti siano finanziati con un contributo pagato dai passeggeri. Già oggi ogni volta che un viaggiatore acquista un biglietto, di qualsiasi compagnia, una quota di ciò che paga va alla società di gestione dello scalo in cui si imbarca. Per esempio, su un Alitalia Roma-Milano che costa 301,34 euro 64,79 sono di diritti vari, da quello di imbarco alle spese per i controlli di sicurezza e sui bagagli a mano. Secondo l’Enac la quota dei diritti dovrebbe essere aumentata, anche se non di molto. Con i contratti già concordati, per esempio, il rincaro va da un minimo di 1 euro a biglietto a Brindisi e Bari a un massimo di 2 euro a Napoli.

Le società di gestione aeroportuale in cambio accelerano gli investimenti: circa 432 milioni di euro dal 2009 al 2012 nei quattro aeroporti che hanno aderito al progetto. Napoli impiegherà 133 milioni soprattutto per costruire il nuovo terminal passeggeri; Pisa 106 milioni per rifare l’aerostazione; Bari 97 milioni per l’ampliamento dei locali e il prolungamento della pista; Brindisi 95 milioni per allargare lo scalo.

Fonte: Soldiblog.it

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