Qualche mese fa un provvedimento piuttosto contestato introduceva un nuovo ticket sulle prestazioni sanitarie. Numerosi sono stati i contrasti, anche fra le amministrazioni regionali, che avrebbero voluto evitare di far gravare una nuova spesa sulle tasche dei cittadini.
Grazie ad un indagine del Movimento consumatori è stato possibile scattare una fotografia della situazione ticket in Italia, la maggior parte delle regioni ha deciso infine di introdurre il ticket producendo un diffuso malcontento.
Il ticket è stato introdotto da tutte le regioni, tranne Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Provincia autonoma di Trento e Sardegna, che hanno detto no al ticket di 10 euro sulla specialistica. La Sardegna sta pensando comunque ad un aumento “simbolico” di 1 euro per tutti.
Ticket presente e di 10 euro invece per Liguria, Lazio, Basilicata e Calabria che lo hanno introdotto così come previsto dalla legge nazionale e senza modulazioni. Friuli Venezia Giulia, Campania, Molise hanno deciso di introdurlo, ma si parla di eventuali rimodulazioni. Toscana, Umbria, Emilia Romagna, Marche e Veneto hanno modulato il ticket in base alle fasce reddituali.
“Dalla tabella che abbiamo realizzato risulta che ci troviamo di fronte a 20 sistemi diversi – commenta Rossella Miracapillo, responsabile dell’Osservatorio Farmaci & Salute del Movimento Consumatori – e nella stragrande maggioranza dei casi non sono tutelate le fasce deboli della popolazione. E’ aumentata la pressione economica in modo insopportabile su coloro che vivono la condizione di ‘malati’. Nessun intervento invece è stato adottato per arginare gli sprechi: consulenze esterne che incidono sulle voci di bilancio, acquisto di macchinari non sempre indispensabili, carenze di controllo sulle prestazioni erogate dalle strutture private convenzionate, mancanza di attivazione di procedure per il risk management, che ottimizzerebbe la filiera, con una conseguente riduzione delle spese, e molto altro ancora”. “I costi elevati per accedere alle prestazioni pubbliche si aggiungono a interminabili liste di attesa. Le persone preferiscono, quindi, rivolgersi alle strutture private per la loro celerità”