Se non proprio zero, un sms non costa più di tre centesimi a un operatore di telefonia mobile”. Tutto il resto finisce nelle tasche dei gestori. A spiegarlo è il professore di informatica Srinivasan Keshav dell’Università di Waterloo in Canada. Una tesi, ripresa il 28 dicembre scorso dall’autorevole “New York Times”, suscitando dibattito negli Usa, frutto di uno studio che l’esperto canadese ha svolto nel recente passato per conto di un colosso della telefonia mobile statunitense. La collaborazione con l’azienda, a sentire Keshav, s’interruppe proprio quando il docente chiese all’azienda di rivelargli il costo di un “text message”.
Cavallo di Troia
Un incidente di percorso che non ha impedito comunque al docente della Waterloo University di arrivare a stimare il costo “vero” di un messaggino. Per capire, bisogna andare a vedere come funziona la gestione dello short message system. In sostanza, il messaggio di testo è talmente piccolo in termini di dati – appena 140 byte che corrispondono ai famosi 160 caratteri a disposizione – da potersi nascondere nel segnale. E quindi l’sms viaggia gratuitamente dentro la pancia del segnale che collega il telefonino al ripetitore più vicino. Segnale sempre attivo e presente, a prescindere dall’invio di un messaggino.
In altre parole, i 160 caratteri a disposizione dell’utente, vengono inseriti in una porzione del segnale, chiamato Control channel, Canale di controllo, che, usato come cavallo di troia, consente all’sms di rimbalzare da un cellulare all’altro.
Naturalmente, seppur minime, gli operatori sostengono spese per la gestione della rete e il servizio di invio e ricezione degli sms. Tuttavia, la forbice, tra il costo industriale e quello finale al consumatore, rimane molto ampia. Sia negli Usa, dove in pochi mesi la media degli sms è passata da 10 a 20 centesimi di dollari, quanto da noi in Italia.
Bollate da alcuni come semplici provocazioni, da altri definite come “balle allo stato puro”, le rivelazioni del professor Keshav fanno discutere anche nel Belpaese dove, tanto per i consumatori quanto per uno studio dell’Arcep, l’Authority francese delle telecomunicazioni, sono in vigore prezzi troppo alti per gli sms. Un costo unitario che, nella stragrande maggioranza dei casi, fa registrare 15 centesimi di euro a invio.
Un giro di affari molto interessante per i gestori italiani. Nel 2007, secondo i dati dell’Autorità garante per le comunicazioni (Agcom) presieduta da Corrado Calabrò, in Italia sono stati inviati 44 miliardi di messaggini con ricavi complessivi pari a 2,39 miliardi di euro. Oltre il 60% dei ricavi aziendali deriva dagli sms, sul cui costo industriale, sostenuto dagli operatori, regna il più totale silenzio.
Quattro centesimi
A essere fiduciosi, però, basterà attendere ancora un mese per ottenere una risposta ufficiale. Entro marzo, infatti, è prevista la chiusura dell’indagine conoscitiva che, congiuntamente, hanno aperto l’Agcom e l’Antitrust l’agosto scorso proprio per far luce su “sms, mms e servizi dati in mobilità”.
Chi ha già passato alla lente di ingrandimento i costi di un sms è invece l’Autorità di settore danese la quale sostiene che, considerando le spese di originazione, transito e terminazione, un sms inviato tra due numeri dello stesso gestore non arriva a costare più di un centesimo. E se invece il messaggino finisce su una numerazione di altro gestore?
Bisogna aggiungere altri 0,026 euro. Arrotondando, il costo all’ingrosso di un messaggio, stima lo studio danese, è pari a 4 centesimi di euro. E in media al consumatore danese per ogni sms inviato vengono addebitati circa 7 centesimi.
Se le cifre venissero confermate anche da noi non mancherebbero amare sorprese per i consumatori. Se inviare un sms sulla propria rete costa appena un centesimo, mentre l’operatore lo fa pagare 15, il ricarico sarebbe talmente elevato che difficilmente le Autorità di settore potrebbero rimanere con le mani in mano.
A quale prezzo?
Anche dall’Authority, come dagli operatori, la risposta rimane sempre la stessa: “Non è corretto sostenere che un sms costi zero per il gestore”. “Quando parliamo di sms – ci spiegano dall’Agcom – non possiamo considerare solo il prezzo unitario, occorre prendere in considerazione anche le promozioni e le opzioni tariffarie che permettono agli utenti di usufruire di tariffe ben più convenienti”. Proprio per questo motivo, l’indagine conoscitiva metterà a fuoco innanzitutto due profili di utenti del servizio sms.
Ci sono i bassi utilizzatori, coloro che sono disposti a pagare un prezzo unitario alto, intorno ai 15 centesimi, visto che inviano pochi messaggi. E poi ci sono gli alto utilizzatori, soprattutto giovani e giovanissimi, che arrivano a inviare anche oltre cento sms al giorno e “si rivolgono ai pacchetti di messaggi e offerte mirate dei gestori”. Per loro, considerando le opzioni tariffarie possono abbattere il prezzo di un singolo sms addirittura al di sotto di un centesimo. Ma in Italia sono più gli alti o i bassi utilizzatori?
“Bisogna attendere la chiusura dell’indagine”, ci rispondono dall’Agcom. La risposta potrebbe fare la differenza, specie se che chi usa molto le opzioni tariffarie legate agli sms non fosse la maggioranza degli utenti.
Fonte: IlSalvagente.it