Mai così male dal secondo dopoguerra, è quanto emerge da una stima fatta dalla Confcommercio che ha previsto un ulteriore calo del 3% entro la fine dell’anno per quanto riguarda i consumi pro capite. In Italia, dal 1945 il livello del consumo ha conosciuto un’instancabile ascesa che ha raggiunto il picco nel 2005, dopo di che è iniziata l’inesorabile caduta.
Per il capo del governo Mario Monti questo dato non è preoccupante, la pensa diversamente la Confagricoltori che tenta con difficoltà di tutelare un settore al momento senza futuro. Di fronte alla crisi, ai soldi che mancano, all’impossibilità di tenere gli standard di vita cui erano abituate, le famiglie italiane si arrangiano nei modi più disparati: tra chi è sempre a caccia delle promozioni e delle ultime offerte, chi non ha paura di girare più negozi per fare la spesa abbandonando le grandi marche e ripiegando sui prodotti senza firma, e chi invece tende a conservare gli avanzi dei pasti per una cucina del riciclo e del risparmio (nuova abitudine che preoccupa più di tutte le altre gli agricoltori).
Un dato curioso è quello che indica un calo del 6,5% del consumo medio del caffè al bar, indice della fatica a cui è costretto anche il settore della ristorazione. È inquietante invece vedere che tra i pochissimi settori che mantengono gli standard di vendita del 2011 spiccano la telefonia e l’informatica, sembra che l’italiano medio preferisca far a meno di vestiti nuovi e del pranzo pur di avere in mano l’ultimo i-phone.