Negli ultimi anni l’Italia non si è certo distinta per grandi investimenti sulla ricerca, anzi la sottovalutazione di un settore così delicato continua a provocare una pesante fuga di cervelli, la notizia è che questa provoca ingenti spese. Non solo il danno ma anche la beffa, anni di politiche miopi che han lasciato emigrare i ricercatori, ci hanno fatto perdere 5 miliardi.
A denunciare la situazione italiana è ancora una volta il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi è intervenuto nel corso di un convegno della Fondazione Politecnico di Milano, esprimendo duri giudizi “Se contiamo che un ricercatore è un investimento collettivo di circa 800 mila euro, in questi anni l’Italia ha regalato ai propri competitori grosso modo 5 miliardi di euro. I nostri competitori, increduli, ringraziano.” La strada da percorrere è solo una, necessità un totale cambiamento di rotta a cui sono affidate le speranze al nuovo governo Letta.
L’accusa è rivolta verso il mondo della politica, reo di avere aggravato i danni con interventi capaci solo di tagliare sull’istruzione e sulla ricerca, dimostrando solo una “pericolosa miopia.” Squinzi ha continuato il suo discorso con un pizzico di autocritica “Noi adulti siamo stati troppo indulgenti in tutti i campi con la mediocrità e il nepotismo e lo scivolamento progressivo del nostro paese nelle classifiche mondiali di competitività è anche il frutto di questa eccessiva tolleranza.” Affrontando un tema caldo di fronte a una platea di studenti, il riferimento alle ultime riforme nel campo dell’istruzione era inevitabile, è stato impietoso “Le nostre università sono state via via sorpassare dai nuovi protagonisti asiatici e il doloroso esempio di questo arretramento è la diaspora dei ricercatori, dei migliori e dei più competitivi, che lasciano un paese avaro che non sa trattenerli.”