Gli scaffali delle librerie sono piene di manuali sul perfetto colloquio di lavoro, sulle dritte da seguire, le trappole da evitare, le risposte magiche che garantiranno l’assunzione (ne siamo proprio sicuri?).
Riassumendo, si può affermare che il consiglio fondamentale è quello di vendersi al meglio al selezionatore o al potenziale datore di lavoro, presentandosi come persone competenti, precise, flessibili, desiderose di impegnarsi e assolutamente adatte per quel lavoro.
Ma fermiamoci un attimo a riflettere.
Le situazioni di chi cerca lavoro possono essere sostanzialmente due: o una persona ha bisogno reale, impellente e inderogabile di trovare un impiego, magari perché ha un mutuo da pagare, magari un figlio da mantenere, concrete esigenze economiche, insomma, oppure sta semplicemente cambiando lavoro o, per ragioni economiche, può permettersi di aspettare il lavoro giusto.
Nel primo caso, purtroppo, accettare qualsiasi offerta è d’obbligo, ma nel secondo, siamo veramente sicuri che vendersi per ciò che non si è sia la soluzione migliore?
Per un impiego, i selezionatori esigono massima precisione: è giusto vendersi per precisissimi, quando, in realtà, siamo più creativi che rigorosi?
Ed è opportuno, alla fatidica domanda “Mi indichi un suo punto di debolezza” rispondere sempre con l’altrettanto fatidica risposta “Sono testardo, mi impegno troppo, al limite della cocciutaggine”?
Il rischio è quello di venire scelti per un lavoro che non corrisponderà mai ai propri interessi e al proprio carattere, il creativo ad archiviare fatture avrà vita breve, questo è indubbio.
Perciò, forse, a volte è meglio un minimo di sincerità alle domande dei selezionatori che trovarsi poi pentiti di aver accettato un lavoro non consono alle nostre caratteristiche.
Fonte: Lavoro.noiblogger.com