E’ vero caos nell’ufficio di presidenza del Senato sul caso della decadenza di Silvio Berlusconi da senatore. Ieri, l’ufficio, composto da 13 senatori (escluso il presidente Piero Grasso) e che nei fatti ha poteri molto simili alla Giunta per il Regolamento di Palazzo Madama, non è stato in grado di decidere se il voto in Aula dovrà essere segreto o palese. Nei casi precedenti, il voto è stato segreto, perché la cosa consentirebbe ai senatori di esprimersi secondo coscienza e non sulla base delle rigide indicazioni di partito. Tuttavia, il centrosinistra e il Movimento 5 Stelle ritengono che in questo caso si tratti solo di prendere atto di una sentenza di condanna definitiva e non di decidere sulla persona.
Ma proprio dalla sentenza della Corte di Appello di Milano emergerebbe una lettura che darebbe al PDL maggiori chance di evitare il voto in Aula. Infatti, nella sentenza si sostiene che la decadenza sarebbe una sanzione amministrativa comminata all’ex premier, pertanto, non sarebbe retroattiva la legge Severino per il caso.
Il PD sostiene l’esatto contrario, ossia che ai fini della retroattività varrebbe non la data del reato, bensì quella in cui sarebbe arrivata la sentenza. I lavori dell’ufficio di presidenza sono stati sospesi e aggiornati per stamattina. Ma in previsione potrebbe esserci la paralisi. Sei sono i senatori schierati certamente per il voto palese (PD, Sel e M5S), cinque quelli certamente per il voto segreto (PDL, Lega e Gal), uno è più propenso per il voto segreto, il senatore della SVP, mentre Linda Lanzillotta di Scelta Civica non ha ancora sciolto la riserva. Di fatto, potrebbe essere quest’ultima l’ago della bilancia, se l’SVP Karl Zeller propenderà per il voto segreto.