Negli Usa un’utility del Missouri rinuncia a un progetto nucleare: non è riuscita a cambiare la legge che vieta di far pagare le centrali in bolletta ancora prima di costruirle. Se a pagare non sono i consumatori, e in anticipo, costruire centrali atomiche sembra non convenire.
Se i costi non si possono scaricare sui consumatori ancor prima di realizzare la centrale il nucleare non si fa. Si potrebbe riassumere così il senso di una notizia arrivata in questi giorni dallo Stato Usa del Missouri. L’utility americana Ameren ha infatti deciso di rinunciare al suo piano di costruire un nuovo reattore perché non si è riusciti a cambiare la legislazione dello Stato, che vieta di trasferire sulle bollette degli utenti i costi degli impianti di produzione di energia fino a che questi non siano entrati in funzione.
Il progetto di Ameren era di costruire un secondo reattore da 1.600 MW nella centrale di Callaway, che fornisce elettricità a San Louis. La tecnologia utilizzata avrebbe dovuto essere la stessa di cui si parla per il piano atomico italiano, quella francese dell’EPR di Areva, da realizzare in collaborazione con EDF; i costi stimati in almeno 6 miliardi di dollari secondo Ameren – da 7 a 14 secondo altre fonti. Soldi che Ameren contava di raccogliere in parte innalzando le bollette dei consumatori.
Anche se lo Stato del Missouri da oltre 30 anni vieta alle utility di scaricare sugli utenti i costi di centrali non ancora operative, l’utility puntava su una nuova norma, in fase di approvazione, che avrebbe dovuto aggirare l’ostacolo, eliminando il divieto e permettendo di alzare le bollette preventivamente. La norma però non è passata e – come dichiara in una nota ripresa da CNN Money l’a.d. di Ameren, Thomas Voss – questo “ha tolto le premesse fondamentali per proseguire” nel disegno atomico. Tradotto: le difficoltà già grandi di finanziare il progetto nucleare sono insormontabili se non si possono obbligare gli utenti a pagare in anticipo per l’investimento.
Che i progetti nucleari economicamente non stiano in piedi da soli è una cosa che su queste pagine abbiamo fatto notare più volte. Restando negli Usa, va ricordato che nel 2005 si sono dovuti introdurre forti incentivi (tra cui 1,8 centesimi al kWh per i primi 6.000 MW) per sostituire le centrali che verranno chiuse per raggiunti limiti d’età e si sono anche stanziati fondi a tasso agevolato per 18,5 miliardi di dollari. Nonostante questo nessuna centrale è stata ancora costruita e i costi di quelle che si vorrebbero ralizzare si cercano di scaricare preventivamente sui consumatori: grazie ad una legge di tre anni fa simile a quella che Ameren avrebbe voluto per il Missouri, in Florida l’utility Progress Energy Florida aveva introdotto per il 2009 un aumento in bolletta per i proprio utenti (poi ritirato in seguito alle proteste di consumatori ed ambientalisti) di circa 9 dollari al mese per coprire le spese dei due reattori in costruzione nel sito di Levy.
I costi di stimati per installare un chilowatt di nucleare, d’altra parte, in due anni sono quadruplicati con il progredire dei progetti: dai 2.000 dollari, che secondo i contractor sarebbe costato nel 2005, si è arriavati agli 8.000 dichiarati da Florida Power & Light nel 2007 per i suoi due reattori in costruzione, passando per i circa 7.500 stimati da Moody’s. Secondo uno studio pubblicato da Climate Progress l’energia prodotta con le nuove centrali nucleari Usa verrebbe a costare dai 25 ai 30 centesimi di dollaro: circa tre volte il prezzo corrente dell’elettricità nel paese. Come dichiarava l’a.d. di MidAmerican Nuclear Energy Co. nell’annunciare, a inizio 2008, la rinuncia alla costruzione di una centrale in Idaho (dopo aver speso 13 millioni di dollari per lo studio di fattibilità): “I consumatori si aspettano prezzi dell’energia ragionevoli (…) e siamo giunti alla conclusione che non ha senso economicamente proseguire al momento con questo progetto”.
GM
Fonte: Qualenergia.it