Navigare sul lavoro: molte pmi italiane lo vietano

Uno spaccato di vita delle aziende italiane nell’era delle tecnologie Web 2.0. Questo l’obiettivo della ricerca condotta da Internet Trend Micro. Quello che ne fuoriesce è che, nonostante le Piccole Medie Imprese italiane sia generalmente favorevoli all’utilizzo di strumenti tecnologici da parte dei loro dipendenti, non si può dire lo stesso per quanto riguarda la navigazione web.

Lo studio Trend Micro, che ha coinvolto più di 150 piccole e medie aziende distribuite su tutto il territorio nazionale, in generale ha messo in evidenza che, nell’ottica della soddisfazione del personale, buona parte degli intervistati si dichiara favorevole all’ampio ricorso degli strumenti tecnologici avanzati, da smartphone a tecnologie wi-fi, alle applicazioni più evolute (3,39 punti su 5 in una scala di valori da 1 a 5).

Punteggio non molto distante da quello registrato da aspetti di base e più “scontati” come luoghi di lavoro confortevoli (4,02), ambiente informale (3,55), pause durante l’orario di lavoro (3,45).  E’ emersa, però, una maggiore resistenza all’utilizzo non regolamentato di Internet sul posto di lavoro (2,37 punti su 5). Analizzando quest’ultimo aspetto più da vicino, le aziende si sono dimostrate generalmente favorevoli a un moderato tempo di utilizzo della Rete per motivi non strettamente professionali. Il 68%, infatti, ritiene accettabile un utilizzo non superiore ai 20 minuti al giorno.

In particolare, le aziende più piccole (da 10 a 50 dipendenti) appaiono meno tolleranti, infatti solo il 26,3% giudica opportuno andare oltre i 20 minuti. Mentre il 44% delle aziende più grandi (da 51 a 250 dipendenti) considera accettabile superare tale limite. Per quanto riguarda l’uso scorretto della Rete da parte dei dipendenti, lo studio ha evidenziato che i rischi sono meglio identificati e già oggetto di limitazione nelle aziende con più di 50 dipendenti, mentre quelle più piccole sono più orientate ad intervenire in futuro con misure di “censura”, attualmente meno diffuse.

Attualmente la percezione di rischi e il “proibizionismo aziendale” verso Internet, si concentrano sull’area della pornografia (56,2%), dei giochi (41,8%), delle scommesse e lotterie (37,9), e della ricerca di anime gemelle (34%), in buona parte già oggi non accessibili, specie nelle aziende di maggiori dimensioni. Per quanto riguarda l’utilizzo dei sempre più popolari siti di social networking e delle chat, se in generale le aziende finora si sono dimostrate un po’ più “liberali” (attualmente sono vietati complessivamente nel 28% dei casi), la tendenza per il futuro è uno stretto giro di vite, soprattutto nelle intenzioni delle imprese più piccole.

Ad esempio, il 22,3% di queste ultime non consente già oggi l’accesso alle chat, per il futuro la percentuale sale al 33%. Per i siti di social networking si passa dal 21,4% di oggi al 24,3% per il futuro. Le aziende piccole sembrano così seguire la strada già intrapresa dalle aziende più grandi che già vietano, nel 42% dei casi, le chat e i social network.

Seguono, nella classifica delle attività considerate più a rischio e quindi già oggetto di restrizione, gli acquisti personali effettuati online (27,5%). Un rischio minore e una minore richiesta di limitazioni sono indirizzate alla ricerca di posti di lavoro in Rete, attualmente non consentite dal 16,3 % delle aziende, e all’uso di email personali (13,1 %). Anche in questo ambito emerge però una tendenza più restrittiva per il futuro (24,2% per la ricerca di lavoro online e 18,3% per le email personali.

Il fatto che le aziende stiano meditando azioni restrittive per il futuro è strettamente connesso ai numerosi problemi legati alla sicurezza informatica. Non è raro infatti che la rete aziendale venga attaccata da virus che entrano per noncuranza dei dipendenti, o che lo spam la faccia da padrone.

Fonte: Businessonline.it

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