Si riapre il cantiere pensioni

Evocati a più riprese nel dibattito parlamentare sulla manovra anti-crisi, i nuovi interventi di politica previdenziale sollecitati dai leader dell’opposizione (Veltroni e Casini) ma anche dalla presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, puntano su un allungamento dell’età effettiva di pensionamento per reperire nuovi risparmi di finanza pubblica. Risorse che, è stato sottolineato, potrebbero essere utilizzate per arricchire la dote degli ammortizzatori sociali o per gli interventi di sostegno al reddito. In nessun caso sono state avanzate proposte concrete, tranne il richiamo all’applicazione dei nuovi coefficienti di trasformazione, vale a dire i parametri introdotti dalla riforma Dini per trasformare il montante contributivo in prestazione pensionistica sulla base di variabili macroeconomiche e l’aspettativa di vita, e il varo del decreto legislativo sui lavori usuranti.

Pensionamento delle donne
Il Governo, finora, ha sempre risposto che l’unico intervento all’esame riguarda l’armonizzazione del requisito di vecchiaia delle dipendenti pubbliche iscritte all’Inpdap, da allineare a quello degli uomini come impone la sentenza della Corte di giustizia del Lussemburgo. La soluzione «graduale e flessibile» potrebbe essere adottata in uno dei Consigli dei ministri di febbraio e poi inserita nel Ddl comunitario 2009 appena varato. Tutto il resto è «fuori agenda» perché non si può intervenire sulle pensioni ogni due anni, hanno sempre ripetuto Silvio Berlusconi e Maurizio Sacconi. E ieri il leader della Cisl Raffaele Bonanni è intervenuto per dire di non essere «a priori contrario all’innalzamento dell’età»: «Il mio sindacato non si è mai posto il problema di quando andiamo in pensione, ma quanto prenderemo andando in pensione – ha detto – i pensionati hanno perso in 15 anni il 30% del loro reddito perché i meccanismi dell’inflazione non sono stati ripagati». La scorsa settimana, nel corso del confronto con le parti sociali sulla manovra anti-crisi, ambienti vicini al ministero del Lavoro hanno riferito di un’ipotesi di chiusura di due finestre per il pensionamento di anzianità in corso d’anno per reperire risorse da girare al fondo per gli ammortizzatori. Ma per il momento non s’è andati oltre un semplice calcolo potenziale.

Lavori usuranti
Sugli usuranti, in particolare, la prospettiva più probabile è quella di una proroga dei termini della legge delega, oggi in discussione al Senato, che affidava al Governo il termine di fine marzo per il varo dei decreti. La definizione della platea dei lavoratori che potranno beneficiare di requisiti meno stretti per il pensionamento di anzianità, come previsto dalla legge 247/2007 (Protocollo Welfare), slitterà in primavera. A meno che, una volta chiusa la discussione parlamentare sui collegati alla Finanziaria 2009 una soluzione più rapida possa maturare dal gruppo ristretto costituito in Commissione Lavoro, alla Camera, e che ha all’esame tre proposte di legge sul tema.

Coefficienti trasformazione
Discorso diverso per i coefficienti. La mini-riforma Damiano, che ha cancellato lo «scalone Maroni», ha introdotto i nuovi parametri aggiornati nel 2006 con il benestare del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale (Nvsp). A seconda dell’età di pensionamento i nuovi coefficienti prevedono un abbattimento delle pensioni tra il 6 e l’8% a seconda dell’età di ritiro (si veda la tabella). Il tasso di sconto applicato è invece dell’1,5% ed è stato calcolato ipotizzando un’analoga crescita reale del Pil (la crescita media nel decennio 1997-2007 è stata dell’1,49%). Stando alla lettera della legge, i nuovi coefficienti entreranno in vigore il prossimo gennaio e dureranno tre anni e non più dieci come prevedeva la legge 335/’95. Dopodiché dovranno essere aggiornati. Era previsto che nel 2008, per una riflessione sui criteri di calcolo dei coefficienti venisse costituita una Commissione con 10 esperti, in rappresentanza delle parti sociali. Ma l’anno è scaduto e né Damiano prima né Sacconi poi hanno provveduto. I coefficienti (che pubblichiamo in pagina) salvo ripensamenti politici sono dunque già pronti.

La spesa
Anche sugli effetti in termini di spesa tutto è già previsto: «Le stime della Ragioneria generale già incorporano i nuovi coefficienti» assicura il presidente del Nucleo Alberto Brambilla, secondo il quale l’impatto sul tasso di sostituzione, ovvero il rapporto tra l’ultimo stipendio netto e la prima pensione netta, non sarà significativo prima del 2020-2025. Nella transizione, tuttavia, e cioè già dai prossimi anni, un effetto i coefficienti cominceranno a produrlo sulla propensione al pensionamento: chi avrà maturato i requisiti scoprirà che con 3 o 4 anni in più di lavoro potrebbe perdere il 12-15% in meno di reddito netto. E dunque puntare sul posticipo. Mentre tra tre anni, quando i nuovi coefficienti dovranno essere aggiornati, non si potrà non tener conto della lunga recessione in corso (e della produttività in forte calo) nel ricalcolo del tasso di sconto. Ma l’appuntamento è rinviato alla fine della legislatura.

Fonte: Ilsole24ore.com

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