ROMA- Un reattore ibrido a fissione e fusione, in grado di bruciare le scorie radioattive altamente tossiche e di lunga vita, potrebbe rivelarsi la strada giusta per rilanciare l’energia nucleare, superando lo scoglio della costruzione di grandi e costosi depositi di rifiuti nucleari. Il progetto è stato presentato da un gruppo di fisici americani dell’Institute for Fusion Studies dell’Università di Austin, Texas e pubblicato sull’ultimo numero della rivista di tecnologie della fusione nucleare «Fusion Engineering and Design». «Molti oppositori del nucleare citano il problema delle scorie come il principale ostacolo allo sviluppo dell’energia nucleare nel mondo –spiegano Mike Kotschenreuther e Swadesh Mahajan, due degli autori del progetto–. Ora noi abbiamo ideato un modo relativamente economico per usare la fusione al fine di distruggere le scorie nucleari prodotte dalla fissione».
FISSIONE E FUSIONE – A questo punto, per meglio seguire il ragionamento dei fisici americani, bisogna ricordare che la fissione consiste nello spezzare, per mezzo di neutroni, i nuclei di elementi pesanti come l’Uranio, e utilizzare l’energia liberata. Su questo processo si basano le attuali centrali nucleari in funzione in tutto il mondo. Nella fusione nucleare, invece, l’energia si libera in seguito al compattamento di nuclei di atomi leggeri come l’idrogeno e il deuterio. Questo tipo di processo, che tiene accese le stelle, non è ancora stato governato dall’uomo fino al punto da fare funzionare una centrale a fusione nucleare. Sono state costruite le bombe a fusione nucleare, ma non i reattori in grado di cedere la loro energia in maniera controllata.
LA NUOVA «CENTRALE» – I fisici americani sostengono ora di essere in grado di realizzare una «Compact Fusion Neutron Source» (CFNS), una potente sorgente di neutroni, non più grande di una stanza, costituita da un «tokamak», cioè da una ciambella magnetica contenente deuterio a 100 milioni di gradi di temperatura. Il CFNS dovrebbe diventare parte di un complesso ciclo di nucleare così organizzato. Le scorie prodotte dagli oltre cento reattori nucleari americani ad acqua leggera (LWRs) dovrebbero, in prima istanza, essere riciclate al 75%, in modo da diventare nuovo combustibile nucleare. Le parti non riciclabili, costituite da elementi transuranici altamente radio tossici e con vite medie di centinaia di migliaia di anni, verrebbero sottoposte al bombardamento neutronico dei nuovi reattori ibridi fusione-fissione CNFS dove, oltre a produrre energia, sarebbero letteralmente bruciate e rese inoffensive al 99%.
LE SCORIE – Ogni CNFS si sbarazzerebbe delle scorie di 15 reattori convenzionali. Il materiale da custodire in depositi geologici si ridurrebbe ad appena l’1% delle scorie attuali. Checché ne dicano alcuni esperti, il problema dei depositi geologici per le scorie nucleari non è affatto risolto. Negli Stati Uniti il dibattito su quanto sia sicuro e conveniente il grande deposito nazionale di Yucca Mountin, va avanti da anni. Attualmente si prevede che il deposito sarà pronto nel 2020 e che potrà ospitare 77 mila tonnellate di rifiuti nucleari. Ma già nel 2010 questa quantità di rifiuti sarà superata e quindi si porrà il problema di un secondo e costosissimo deposito. In Italia, dopo il flop del deposito nazionale di Scanzano, cancellato a furor di popolo, non si è più parlato di sito nazionale per la raccolta delle scorie nucleari, nonostante ora si progetti una riapertura dell’opzione nucleare. «Con il progetto CNFS –assicurano gli autori dello studio- tutti questi problemi saranno superati e in più si potrà contare su un’espansione del nucleare in sostituzione del carbone e di altre centrali a combustibili fossili che aggravano l’effetto serra».
CAUTELE – Il progetto americano è stato accolto con interesse, ma anche con cautela da uno dei massimi esperti italiani di tecnologie nucleari, l’ingegner Giancarlo Aquilanti, capo della task force nucleare di Enel: «Si tratta sicuramente di un progetto serio ma anche complicato. E non è detto che sia l’alternativa più economica e vicina nel tempo per sbarazzarsi delle scorie nucleari di alta attività. Personalmente penso che possa risultare più promettente bruciarle nei reattori ad alta velocità di quarta generazione che vedranno la luce fra il 2025 e il 2040».
Fonte: Corriere.it