Seconto quanto emerso dal quadro d’insieme descritto e tracciato dall’Ewea (European Wind Energy Association), l’eolico off-shore italiano stenta a decollare.
E sebbene a questo tipo di installazioni siano assegnati una serie di indubbi vantaggi rispetto all’on-shore, le scelte fin qui fatte nel nostro paese dimostrano una scarsa propensione verso l’istallazioni di parchi eolici in mare aperto.
Trend tutto italiano, che va in assoluta controtendenza alle scelte che invece si registrano a livello mondiale.
Mentre in altri paesi europei si studiano, sviluppano e si fanno partire importantissimi progetti in mezzo al mare, in Italia si litiga e si denuncia un eccessivo ricorso a questa fonte di produzione energetica e tutta – o quasi – on-shore.
Nella situazione attuale è segnalata un’unica installazione marina, una turbina al largo della costa di Brindisi, che non copre nemmeno un piccolo spicchio della torta del mercato dell’Unione europea. Fa invece la parte del leone la Gran Bretagna, con al suo attivo il 39% dei parchi marini operativi nelle acque comunitarie.
Consistenti anche le installazioni in Danimarca, 28%, ed in Olanda, 17%. Si scende, poi, al 9% della Svezia. Completano il quadro il 2% di Belgio e Finlandia e l’1% di Germania e Irlanda.
Si tratta di uno scenario che, secondo i dati Ewea, è destinato a cambiare in fretta. Altro scenario si prevede per il 2015, quando il panorama dei paesi Ue con installazioni eoliche in mare dovrebbe apparire molto più variegato, con il contributo di 13 paesi. E la posizione dell’Italia dovebbe migliorare.
l nostro paese, grazie ai nuovi impianti già programmati, si guadagnerà un posticino tra i paesi produttori di energia eolica offshore.
Sarà in grado di produrre 827,08 MW, una quantità pari al 2% dell’intero mercato comunitario.
La Gran Bretagna con un 23% di installazioni dovrà cedere la leadership alla Germania, che scommette decisamente sull’offshore e, in meno di dieci anni, passerà ad avere dall’1% al 30% dei parchi marini europei.
La posizione della Svezia rimarrà invariata con un 9%, mentre perderanno terreno l’Olanda, da un 17% all’8%, e la Danimarca, dal 28% al 3%. La Spagna entrerà sul mercato con un 5%, Francia e Danimarca con un 3%. Finlandia e Belgio passaranno dal 2% al 4% e l’Irlanda dall’1% al 2%.
Fonte: Ansa.it