Minieolico, microeolico e grandi impianti. Vantaggi e svantaggi

Nel corso di un’intervista apparsa i giorni scorsi su GreenReport a Lorenzo Partesotti, esperto in energie rinnovabili, è emersa un’interessante distinzione che ci aiuta a capire quante tipologie dimensionali esistono oggi quando si parla di eolico.
Sono tre.
Il microeolico, il minieolico e quello su grande scala.
Recentemente e sempre più frequentemente si pone l’attenzione sui primi due, cercando di capirne la reale utilità sia economica che produttiva.

Lorenzo Partesotti così riassume esaustivamente (almeno per tutti coloro che non sono degli specialisti del settore).

Con il termine di micro-eolico si intendeno tutti quegli impianti che sono in grado di produrre una potenza energetica inferiore ai 5 kW.

Si tratta di pale ‘domestiche’, considerate attività libera, che possono essere installate su singole abitazioni e alle quali il sistema incentivante riconosce un valore di 30 centesimi al kilowattore prodotto (o,30 €/kWh).

Basta fare due calcoli per capire che con questa cifra il microeolico non è particolarmente conveniente dal punto di vista economico, soprattutto se rapportato al fotovoltaico, con il quale si riesce a rientrare nell’investimento in una dozzina d’anni.

Nel caso del microeolico il tempo raddoppia, in quanto l’eolico ha anche un’usura diversa e ben superiore al fotovoltaico (parti meccaniche in movimento) e quindi una manutenzione più costosa. Probabilmente è anche per questo motivo che , il microeolico non è mai decollato in alcun paese.

Ciò che invece sta andando molto bene è il minieolico, che comprende tutti gli impianti che vanno dai 5 ai 60 kW.

Per questi impianti è necessaria una Dia oppure in casi particolari (quando si parla di aree sotto tutela ambientale) si può andare alla conferenza di servizi a livello comunale.
Il rendimento è assai maggiore e si tratta di investimenti molto adatti per esempio alle aziende agrituristiche, alle aziende artigiane, ai piccoli imprenditori.
Anche in questo caso il kilowattora viene pagato 30 centesimi e in un anno si può arrivare a ricavare 20-30mila euro, costituendo quindi una significativa fonte di reddito integrativa.

Infine c’è il grande eolico che è quello tradizionale, quello dei grandi impianti. Ma questo genere di eolico ha un’altra storia, sia in termini di investimento che di problematiche legate ad un eventuale impatto ambientale.

In Toscana – ad esempio – ci sono non poche resistenze: basti pensare che dal 2000 a oggi sono stati realizzati 4 parchi eolici mentre oltre 30 progetti giacciono nei meandri degli uffici regionali, in attesa di approvazione. Senza contare le resistenze delle associazioni cittadine e ambientaliste che cercano in tutti i modi di ostacolarne la realizzazione.

Ma torniamo alla valutazione del minieolico (abbandonando il microeolico) ponendolo a confronto con i grandi impianti sul piano della dispersione dell’energia elettrica quando immessa sulla rete nazionale.
Il grande vantaggio del minieolico risiede proprio nella sua classe dimensionale. Ovvero, per sua caratteristica, è possibile installarlo con maggiore facilità e in maniera più diffusa e capillare, magari molto vicino al consumo diretto.

Se quindi, ad esempio, prendiamo l’energia prodotta presso la centrale Enel di Tor del Sale, a Piombino, e la portiamo in un qualsiasi paesino dell’entroterra piombinese otterremo una dispersione pari al 7-8%.
Ma se un’azienda agrituristica a 5 km da quel medesimo paesino installasse un aerogeneratore eolico da 60 kW, potrebbe fornire energia a tutto il paesino con pochissima dispersione: sicché si otterrebbe un risparmio anche da un punto di vista delle dispersione e ovviamente si eviterà di ricorrere ad energia prodotta da fonti fossili.

Via | Greenreport, foto di Jonica Impianti

Fonte: 100ambiente.it

1 Comment

  1. gggggggg

    mettere una griglia con sopra delle turbine per produrre idrogeno per le barche

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