Cedolare secca, scende la percentuale del canone concordato

cedolare

L’ultimo decreto legge del governo sull’abolizione dell’IMU ha anche introdotto modifiche importanti per quello che riguarda l’utilizzo della cedolare secca per gli affitti che è stata ridotta dal 19% al 15% per i contratti a canone concordato mentre rimarrà fissata al 21% per tutti gli altri genere di contratti.

Cosa significa materialmente e soprattutto quale convenienza ci sia rispetto alla tassazione ordinaria ha provato a calcolarlo ‘Il Sole 24 Ore’. Facendo l’esempio di un contratto di locazione a canone concordato di 6.000 euro l’anno, la cedolare secca al 15% corrisponde a 900 euro contro i 1.140 euro della precedente aliquota al 19%, mentre con la tassazione ordinaria, considerando un reddito imponibile di 30.000 euro e un canone di locazione annuo di 9000 euro, il risparmio è di 924 euro (1.350 contro 2.274) senza contare le addizionali regionale e comunale oltre alle imposte di registro e di bollo.

Inoltre la nuova aliquota porterà un risparmio anche per chi abbia un reddito basso: considerando infatti un reddito imponibile sotto i 15.000 euro e un canone di locazione di 9.000 euro, se con la cedolare al 19% sarebbe convenuta la tassazione ordinaria, con la nuova aliquota il risparmio è invece pari a 147 euro.

Più in generale la cedolare, che sino ad oggi è ancora poco utilizzata dai proprietari, si basa sui valori massimi con i quali è possibile affittare le abitazioni in base alle caratteristiche e alla zona in cui si trovano. Quindi sono contratti di locazione a prezzi calmierati, concordati tra comuni e associazioni di proprietari e inquilini che stabiliscono insieme le modalità di valutazione degli immobili e definiscono un canone minimo e uno massimo.

Il regime della  cedolare secca può essere scelto dalle persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (come l’usufrutto) su unità immobiliari abitative locate, ed è già attiva sia nei comuni con carenze di disponibilità abitative come Napoli, Palermo, Roma, Torino, Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano e Venezia oltre che in quelli confinanti nonché negli altri comuni capoluogo di provincia e nei comuni ad alta tensione abitativa.

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