È stato un giorno di gloria, ieri, per i titoli di Stato italiani. Il differenziale del rendimento tra BTp e Bund ha chiuso la giornata allo stesso livello di apertura, 146 centesimi di punto percentuale, in controtendenza rispetto all’allargamento non-stop registrato dagli spread di Grecia, Spagna, Irlanda e in mattinata anche del Portogallo.
Il rischio-Italia è stato classificato tra i “best performer” della seduta, Germania e Francia, anche se ieri il recupero dei mercati azionari ha raffreddato gli acquisti di bond governativi.
A sostenere i BTp è servita anche l’anticipazione che il rating e l’outlook stabile della “Aa2” di Moody’s saranno con tutta probabilità confermati, sulla scia dell’analoga decisione di S&P’s di questa settimana.
Il gap tra BTp e Bund, che orbita comunque attorno ai livelli massimi storici dall’avvio dell’Unione monetaria, ieri ha segnato un picco a quota 150 (1,50%) per poi chiudere a 146, livello di apertura. Ai margini di un seminario a Milano, il capo analista dei rating sovrani di Moody’s Pierre Cailleteau ha detto di non aspettarsi «cambiamenti significativi del rating sovrano dell’Italia»: il debito privato italiano è più basso di quello di altri Paesi e il sistema bancario è stato colpito meno dalla crisi di liquidità.
Per Cailleteau, l’allargamento degli spread tra i bond governativi di Eurolandia ha normalizzato una situazione che in passato era squilibrata perché il mercato per lungo tempo non ha richiesto il pagamento di un premio a rischio adeguato tra Stati con rating diversi. Per lo strategist di Goldman Sachs Francesco Garzarelli, tuttavia, il differenziale attuale tra BTp e Bund (i Buoni del Tesoro Febbraio 2018 contro i Bund Gennaio 2018 sono arrivati a 154) è troppo elevato, «dovrebbe orbitare attorno ai 100 centesimi». Per GS il pagamento delle cedole a inizio febbraio sarà massiccio e questo flusso di cassa sosterrà la domanda sui titoli italiani. Il Tesoro ha tecnicamente alcuni punti di forza per fare concorrenza ad altri titoli cosiddetti “periferici”: la liquidità sul secondario dei BTp e una vasta gamma di scadenze e di prodotti in offerta.
Ieri infatti è andata peggio a Grecia, Irlanda e Spagna. L’annuncio di nuove emissioni di titoli di Stato greci a cinque anni – non in asta ma con l’aiuto di un sindacato di collocamento di banche tra le quali Banca Imi – ha messo sotto pressione il mercato secondario. Il differenziale tra i titoli greci e tedeschi a dieci anni si è allargato fino a toccare 251 centesimi (2,51%). La Grecia, declassata questa settimana dalla “A” alla “A-” da S&P’s, intende raccogliere con bond in asta o sindacati fino a 43 miliardi nel 2009: il debito pubblico di Atene è proiettato verso quota 100% secondo le stime di Standard & Poor’s e trader.
Anche i titoli di Stato spagnoli hanno sofferto ieri, per motivi analoghi: oltre al credit watch di S&P’s, che ha posto sotto osservazione la tripla “A” spagnola con possibilità di declassamento entro due mesi, le aste di questa settimana dei Bonos hanno pesato e sono state digerite con difficoltà. Se è vero che il Tesoro spagnolo ha raccolto 3,6 miliardi di euro contro i 3 richiesti, è altrettanto vero che per vendere Bonos a 15 e 30 anni i rendimenti sono lievitati enormemente. Lo spread tra bond spagnoli e (AAA) e Bund (AAA) ieri è cresciuto ancora di qualche centesimo portandosi a quota 117 punti: una trentina di centesimi di distanza dall’Italia che ha rating con due (Moody’s), tre (Fitch) e quattro (S&P’s) gradini sotto la “AAA”.
Bastonati ieri infine anche i titoli di Stato irlandesi. Al di là dell’outlook negativo sulla “AAA” S&P’s, che può risolversi nell’arco di due anni, quel che ha pesato sul rischio-Irlanda stata la notizia della nazionalizzazione della Anglo Irish Bank: un caso eclatante di rischio-banca che sconfina o addirittura si trasforma in rischio-Stato. Per l’Irlanda tra l’altro S&P’s prevede un deficit/Pil tra il 9,7% e il 5,2% dal 2009 al 2013, con un debito/Pil che quasi triplicato dal 21% al 57% in un quinquennio.
Fino al 22 gennaio, tuttavia, il mercato dei titoli di Stato di Eurolandia può tirare un sospiro di sollievo perché non sono programmate aste importanti dai principali Stati: l’offerta rallenta. Non è escluso tuttavia che questa finestra sia colta al volo dalle banche che progettano di collocare obbligazioni con la garanzia statale. Lo strumento del “government guaranteed bond” in Italia resta in stallo a causa degli alti costi di raccolta per le banche e anche per colpa di alcuni passaggi poco chiari della legge che rischiano di indebolire la portata della garanzia: il Tesoro pubblicherà – probabilmente la prossima settimana – una circolare esplicativa per sciogliere i dubbi sull’efficacia della garanzia che resta «irrevocabile, incondizionata e a prima richiesta».
Fonte: Ilsole24ore