Il futuro del fotovoltaico è nel silicio sul vetro. Ne è convinto Martin Green, professore della University of new south wales di Sydney, considerato uno dei pionieri mondiali della tecnologia che permette di produrre corrente elettrica con l’energia del sole. Green ha messo le mani sul primo pannello fotovoltaico sul finire degli anni Sessanta.
Ha fondato il suo laboratorio nel 1971 e vissuto le diverse fasi alterne di interesse e oblio che hanno attraversato l’industria fino ad oggi. «Siamo riusciti a superare il momento più difficile, tra gli anni Settanta e la metà degli anni Novanta, dove sul fotovoltaico c’era poca attenzione e scarsissimi investimenti» spiega a margine del «Chemistry and physics of materials for energetics», la prima scuola interamente dedicata ai materiali per le applicazioni energetiche che ha radunato all’Università di Milano-Bicocca diversi esperti del settore a livello mondiale. E’ così che è diventato uno riferimento mondiale in materia. Dai suoi laboratori sono passati studenti come Zhengrong Shi, il fondatore di Suntech, leader mondiale nella manifattura di pannelli al silicio, che continua a collaborare con l’università australiana. Pochi giorni fa ha fatto il giro del mondo la notizia del nuovo primato mondiale di efficienza delle celle raggiunto a livello sperimentale con una percentuale del 43%. Risultato raggiunto da Green e suoi collaboratori mettendo a punto un sistema a multi-celle in silicio, capace di catturare una porzione più ampia dello spettro della luce solare.
Lo studioso australiano ha raggiunto il primo record nel 1989, con la singola cella più efficiente (20%, poi portato dallo stesso laboratorio al 25%). Ha vinto diversi premi, ma risponde alle domande tenendo i piedi per terra, attenendosi ai numeri, sottolineando la distanza tra ricerca e scala industriale. Lo ripete spesso: «Un conto è la ricerca, un conto la commercializzazione». Il record raggiunto quasi vent’anni fa è però «vicino anche a livello industriale – spiega Green – la Suntech, con la nuova tecnologia “Pluto”, a breve arriverà valori molto simili con le celle in silicio monocristallino». L’obiettivo degli studi continua a essere lo stesso da quasi quarant’anni: «Lavoriamo sui materiali, cercando di migliorare le performance dei pannelli e i ridurre i costi di produzione. Siamo attivi su diversi filoni. Il primo è quello del silicio tradizionale. Il secondo quello del film sottile». Una tecnologia di cui si parla da tempo, con crescente attesa per i vantaggi che potrà avere soprattutto in termine di costi. Secondo diverse stime potrebbe arrivare al 20% del mercato entro il 2020. Il materiale attualmente più utilizzato è il tellururo di cadmio, seguito dal diseleniuro di indio rame e il silicio amorfo.
Secondo Green, però, nessuna delle tre soluzioni rappresenterà il futuro del fotovoltaico. «Il tellururo di cadmio è certamente il miglior materiale al momento, solo che si tratta di un elemento scarso in natura. La First solar, leader mondiale nel segmento, se dovessere aumentare di dieci volte la produzione andrebbe oltre la disponibilità. Guardando sul lungo periodo siamo convinti che la migliore soluzione sia integrare il silicio policristallino sul vetro». Il risultato è un film sottile spesso circa due micron, ovvero 150 volte meno di un wafer di silicio tradizionale. «La First solar ha raggiunto un’efficienza del 10,5% a livello commerciale, più o meno lo stesso valore a cui siamo arrivati in laboratorio con il silico su vetro». In laboratorio, non sulle macchine di produzione. Simili anche i costi di produzione, intorno al dollaro per Watt. Della commercializzazione se ne occuperà la Csg solar, ma «al momento abbiamo deciso di continuare con la ricerca per arrivare sul mercato con un risultato affidabile e più economico», prosegue.
Il fotovoltaico rappresenta però a livello mondiale una fetta piccolissima del fabbisogno energetico complessivo. Cosa ci si può aspettare per i prossimi anni? «È molto difficile dirlo – risponde Green – Ci sono diversi passi da fare. Il primo è il raggiungimento della grid parity, ovvero la competitività dei prezzi con le fonti tradizionali. L’Italia potrebbe essere uno dei primi paesi al mondo a tagliare il traguardo. Poi bisogna fare dei passi avanti per lo stoccaggio dell’energia, in modo da utilizzarla anche quando non c’è il sole». Quanto alle quote di mercato «l’Epia (l’associazione europea del settore) stima il raggiungimento del 12% entro il 2020». C’è chi ritiene che l’obiettivo potrà essere agguantanto solo puntanto su grosse centrali, chi invece crede che la natura del fotovoltaico sia l’integrazione sugli edifici e sui capannoni industriali, e quindi la microgenerazione. «Con le grosse centrali si ottengono grandezze di scala che permettono di spendere meno – ammette Green – però il grande tratto distintivo del fotovoltaico è che si può mettere sui tetti delle case e collegarlo alla rete elettrica».
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Fonte: Ilsole24ore.com