Nulla, o quasi, è davvero immobile dinanzi alla attuale crisi economica: questo il (cinico) gioco di parole che purtroppo veniva da fare allorchè ieri, 25 gennaio, la Commissione ambiente della Camera esponeva i risultati dell’indagine conoscitiva sul mercato immobiliare in Italia.
I numeri, impietosi, non lasciano dubbi: “tre anni di mercato in flessione hanno prodotto il dato allarmante di uno stock di ‘giacenze’ che ha ampiamente superato i 100 mila alloggi e oggi si attesta intorno ai 120 mila appartamenti invenduti”.
Ma, anche al di là dei numeri stessi, è il trend in generale a destare apprensione, se si considera l’oggettiva “tendenza negativa nel settore delle costruzioni”: esso infatti -diversamente da altri settori industriali- “non sembra avere ancora toccato il punto minimo della caduta ciclica”. Il mercato immobiliare si rivela quindi esposto a problemi quali la diminuzione dell’erogazione di mutui immobiliari, il peggioramento della qualità del credito erogato, l’incidenza degli sfratti, “l’annosa questione dei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione” (che ha l’effetto di privare le imprese di liquidità e di mettere a rischio la sopravvivenza delle aziende).
Va inoltre considerato che le case di proprietà rappresentano in Italia il 72% delle abitazioni e tale caratteristica dei mercati immobiliari (l’essere cioè così fortemente “sbilanciati verso la proprietà”) determina una rilevante problematicità nel rispondere ai “diversi fabbisogni della domanda abitativa in locazione” (ad esempio coppie,persone anziane,immigrati regolari).
Deludenti sono infine anche i numeri che l’Italia sfoggia circa la quota di case in affitto (il 18,8% delle abitazioni totali,laddove la Francia è a quota 40,7% e l’Olanda supera il 45%,), l’offerta di edilizia sociale (che colloca il Paese all’undicesimo posto in Europa), la mole di affitti ‘in nero’ (ormai oltre le 500 mila abitazioni).